A Proposito Di Brassards

Da tempo gli scavi archeologici hanno restituito a più riprese un oggetto che gli studio­si chiamano brassard, (cfr. fig. 1) cioé bracciale (dal francese brassard). Poiché il brassard serve effettivamente per riparare il braccio o il polso dalle frustate che l'arco imprime alla corda al momento dello scocco, si è inteso anche l' oggetto qualcosa di analogo a quello usato dagli arcieri. Più precisamente gli archeologi indicano questo attrezzo in quel reperto archeologico, costituito da materiale litico, di forma rettangolare, in qualche caso ellittico, di varie lunghezze, con i lati lunghi rettilinei o concavi ed i lati corti convessi. La superficie inferiore è piana mentre la superiore si presenta convessa e ben levigata. Nei lati corti, in certi casi, si presentano tre fori per parte, talvolta due, uno e spesso nessun foro. Il brassard è stato ritrovato in tombe preistoriche, di solito associato, oltre che al vario corredo funerario, a delle punte di ossidiana, di selce, di calcedonio, ecc. (naturalmente arco e aste, costruiti con materiali deperibili, per l'azione distruttrice del tempo, non sono mai stati ritrovati, almeno da noi in Sardegna). Sulla natura dell'oggetto, per l'esperienza ventennale che ho maturato nel mondo dell'arco, vorrei esporre delle ipotesi sulla base di argomentazioni scaturite dalla ricerca storico scientifica sulla presenza dell'arco in Sardegna dalle origini ai nostri giorni, ricerca condotta, con l'ausilio di amici esperti arcieri, nonché di studiosi di archeologia sperimentale.
Dell'archeologia sperimentale, il cui fine principale è quello di ricostruire gli utensili con i materiali e con le stesse tecniche preistoriche, ci siamo serviti per ricostruire gli archi, le frecce, le cuspidi, le corde, le faretre, ecc. presenti in Sardegna. Nei quasi quattro anni di ricerca ho imparato, insieme ad altri collaboratori, tra le altre cose, a produrre punte di frecce in selce e ossidiana, col metodo della scheggiatura e del ritocco usati nella preistoria.
Con le conoscenze pratiche acquisite in questa originale ricerca ci siamo resi conto tra l'altro, che gli uomini preistorici, attraverso la loro intelligenza, progettavano e costruivano degli oggetti con grande consapevolezza.
Ciò diciamo perché, come ancora rimane ben saldo nell'immaginario collettivo, il preistorico è poco più che un bruto incapace di progettare e di servirsi di tecnologie sofisticate. Il pregiudizio lo dimostra persino il libro di storia delle elementari di mia figlia, nel capitolo sui popoli italici, Sardi compresi, il quale testualmente recita che "la maggior parte di questi popoli preistorici erano rozzi e semiprimitivi". Espressioni queste attraverso le quali i nostri ragazzi, nella delicata fase dell' età evolutiva, vengono informati non correttamente.
Nell'archeologia sperimentale è importante non solo ricostruire con precisione filologica gli oggetti, ma è indispensabile anche immedesimarsi nel pensiero e nel contesto culturale della società che li ha prodotti (compito questo, naturalmente, non sempre facile). Se accettiamo però il fatto che il preistorico aveva una grande forza intellettuale per costruire, tra le tante cose, una macchina così complessa qual'è l'arco (in cui ogni componente ha una sua funzione, dal materiale alla forma, dall'altezza agli spessori e al rapporto di forza e di stabilita, ecc.), perché avrebbe dovuto impiegare il suo ingegno per lavorare con dispendio notevole di tempo un oggetto così irrilevante dal punto di vista funzionale come é appunto il brassard litico?
Ora immaginiamo che uno di noi debba costruirsi un arco, indispensabile per la stessa sopravvivenza. Occorre la stagionatura del legno, la scheggiatura delle punte, la costruzione delle corde con delle fibre vegetali, la costruzione di aste con relativa impennatura, ecc. : quindi un lungo e certosino lavoro. Impiegherebbe altrettanto tempo per costruire un brassard litico per il quale occorre formare, levigare, forare, per adempiere un compito non del tutto indispensabile?
Per logica e poi per esperienza ho sempre pensato che il sistema più semplice per costruirsi un parabraccio é quello di utilizzare un comune pezzo di pelle con due stringhe per legarlo al polso. Un'ora di lavoro è più che sufficiente. Si deve precisare inoltre che per alcune persone, tra le quali me stesso, per via della loro conformazione articolare, l'inconveniente della frustata della corda non esiste: per cui adoperare il parabraccio è del tutto superfluo. I brassards litici in qualche caso presentano due fori alle estremità corte per cui si potrebbe a prima vista pensare che siano serviti per la legatura al polso. Però si da il caso che talora i fori siano tre, oppure uno, o addirittura nessuno. In questi casi è impossibile, prove alla mano, tenere saldo l'og­getto legato al polso. Inoltre i brassards litici sono pesanti, molto fragili, ingombranti e per niente funzionali.
C'è da aggiungere che i bronzetti che raffigurano arcieri e le statue dei cosiddetti guerrieri in arenaria di Monti Prama nel Sinis non manifestano brassards litici, ma semmai manicotti di pelle (cfr. fig. 2) con dei lacci per la legatura che avvolgono tutto il polso. Inoltre un brassard con una custodia in osso è stato trovato ad Anghelu Ruiu (Alghero) nella domus de jana n. XIII. Esso è ben rifinito, con decorazione a cerchielli e presenta su un lato breve due fori passanti, forse per la sospensione dello stesso. Il brassard era fissato alla custodia mediante due perni inseriti nei fori del brassard in corrispondenza di altrettanti fori praticati sul fondo della custodia. C'è da domandarsi perché il brassard per riparare dalla frustata della corda sia in pietra mentre l'astuccio risulta un finissimo oggetto in osso. Logica vorrebbe che fosse invece il brassard ad essere costruito in osso dal momento che questo materiale consente molto di più del materiale litico la resistenza al colpo della corda. Si deve notare inoltre che questa particolare custodia ha un tipo di decorazione che fa pensare ad un qualcosa di cultuale, forse di religioso: addirittura alla simbologia della divinità femminile. Questi cerchielli infatti li ritroviamo in tantissime raffigurazioni preistoriche, assai note, che attengono alla sfera della religiosita della Grande Dea.
Per le ragioni sopra esposte, si può ritenere, a nostro modesto parere, che altro possa essere l'oggetto tranne un brassard, un parabraccio o un bracciale d'arciere comunque lo si voglia chiamare. Tanto sosteniamo con l'intento di attirare l'attenzione su un tipo di reperto che non ci pare sia stato studiato, almeno dal punto di vista del significato, in maniera esauriente. Un'ultima riflessione ci sembra d'obbligo. Come mai l'uomo di Similaum, che pure mostra d'avere un'attrezzatura completa per quanto riguarda l'uso dell'arco, non portava alcun brassard né di pietra né di altro materiale?

Giorgio Cannas


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