Era già l’ora che volge... ...
Discese l’indomita, la selvaggia
Capra, la modella della montagna,
l’aquila mammifera dei picchi,
sospesa ad un filo di nuvola,
sospesa ad un filo di nuvola,
sovra il mondo,
in missione evangelica,
fra i suoi simili,
d’ogni sembianza:
Gli abitanti dell’ossuto pianoro basaltico
de Sa Pramma,
ove si estende
fino all’orlo del precipizio, ove toneri,
bruni candelabri di vulcano fan
la guardia al sinuoso Cedrino,
il più poetico fiume della Terra.
Qui, la Natura riposa.
Era già l’ora che volge
al desio, in cui il giorno
si concede al mantello della notte.
Il silenzio sussurra
sconosciute melodie;
stimola l’eco di mille vite trascorse;
incalzano i pensieri
sull’età dell’Universo.
Sotto un immenso olivastro, dalle
radici di pietra, cui il tempo
non conta più gli anelli,
accovacciata in comunione d’anima:
un’Arca terrestre. In cerchio d’armonia,
tutt’intorno alla loro Regina,
(la filosofica Capra), i neri suini
di fianco gli agnelli; un’oca, una quaglia,
ai piedi del superbo torello;
e uccelli cantori, e galline di prato,
stavan sui rami del sempreverde olivastro;
serena la sera; sereni gli animali.
Ma a un tratto:
si alzò la Regina.
Leggera e silenziosa, verso me d’incontro,
come ambasciatrice del suo Regno
come ad esprimere un giudizio
sullo stato del mondo; per un
dialogo senza sillabe.
Esitò un istante
davanti al mio cospetto:
non per soggezione, ma volle sincerarsi
se pur nelle mie mani
s’annidava la polvere omicida
che fulmina
l’innocenza delle allodole.
Solo allora…… accettò
le mie carezze, sulla fronte,
sul lindo manto della sua pelle.
E raccontò degli alberi, dei fiumi
del sole e della luna;
il vento e la terra, che
conobbe, ancor prima che il respiro
fosse concesso all’uomo,, ove un dio
gli concesse un’anima: e divenne
il padrone del mondo!
Ma a Lei, in cambio
era rimasto un cuore....
E da quegli occhi
lasciò cadere
sulle mie mani, una lacrima:
per l’Uomo.
Pietro Sotgia