Cerne
L'isola-città
colonia degli Atlanti in terra d'Africa
Il mistero
Cerne - Periplo di Scilace
La biblioteca di Diodoro Siculo
- Periplo del punico Annone
Gli Atlanti costruttori di Cerne - Bibliografia essenziale
Re della Corsica e della Sardegna è stato una volta un certo Forco il quale, allorché venne annientato in una battaglia navale e poi mandato in rovina da Atlante con grande parte del suo esercito, dai suoi compagni venne ritenuto trasformato in una divinità marina (Servio V, in "ad Aen" v. 824) |
…
i Troiani si rifugiarono nei luoghi alti dell'isola, ed avendo appunto
occupato le montagne dal difficile accesso ben protette da opere difensive
e da precipizi, ancora ai miei tempi loro conservano il nome di Iliesi,
per quanto somiglino agli africani nell'aspetto, nell'armatura e in
ogni loro costume di vita. (Pausania, X, v. 4; ca. 120-180 d.C.) |
IL
MISTERO CERNE
In un altro articolo ho parlato della possibile corrispondenza Sardegna=Atlantide, sulla scorta delle scoperte rivoluzionarie del giornalista romano Sergio Frau. La forte polemica che è seguita alla pubblicazione del libro "Le Colonne d'Ercole, un'inchiesta…" e le forti critiche verso la stessa da parte di un'Accademia ottusa, chiusa in se stessa, lontana dalla realtà e decisa a difendere il suo ruolo di regina del Sapere più che meritare repliche, induce le menti aperte a maggiori approfondimenti nella ricerca di ulteriori prove della reale esistenza dell'Atlantide platonica, non in fantasiosi mondi sommersi ma in regioni ben conosciute del territorio "emerso" del nostro pianeta. Voglio soffermarmi in queste pagine su una località famosa dell'antichità che nei racconti dei primi geografi ha poco a che fare con la Sardegna. Il suo mito però come vedremo è legato alla Sardegna-Atlantide non celatamente ma in maniera esplicita in base alle dichiarazioni di Diodoro Siculo che tramanda di una Cerne città degli Atlanti in terra d'Africa. Anch'essa ha subito lo stesso destino di tutte le località leggendarie poste nel lontano occidente : a partire dal IV-III sec. a.C. Cerne è stata trasferita, traslocata nelle coste oceaniche nordafricane e da lì naufragata definitivamente al largo, chissà in quale abisso !
Nella Fig.1 l'isola
di Cerne o Kerne
(i greci a quei tempi conoscevano la sola c velare sorda) colonizzata
dal punico Annone è localizzata di fronte alla foce del fiume Senegal.
Altri la vogliono addirittura al centro del Golfo di Guinea e anche oltre ! Utilizzerò a tal fine, oltre alle due opere a cui solitamente ci si affida, i due antichi peripli di Scilace e di Annone, alcune informazioni desunte dalla Biblioteca Storica di Diodoro Siculo. Lo storico siceliota è ritenuto normalmente poco attendibile quando riferisce le tradizioni mitiche dei vari popoli. In tal caso, a mio parere, fornisce informazioni tutt'altro che frutto di fantasia. Di Cerne (o Kerne) incuriosisce da subito il nome stesso : richiama tanti altri nomi di uguale antichità, localizzati tutti fra il secondo e il terzo bacino del Mediterraneo. La sua composizione consonantica crn è la stessa che ritroviamo in Cirno, nome antico della Corsica, in Cirani (l'antica Cercina) in Cirene, in Cirna, antica località vicina a Tabarca, in Cerauni, monti costieri dell'Illiria di fronte a Corfù; la stessa che abbiamo in Crono e, solo per gli amanti dei giochi di parole, l'opposta di Norace, l'eroe Iberico che avrebbe fondato Nora. Già questo deve farci riflettere sull'opportunità di considerare tutte le Cerne degli antichi un'unica Cerne. Non possiamo cioè escludere l'eventualità che la Cerne di Diodoro, quella del punico Annone e quella di Scilace non siano la stessa città ma siano luoghi distinti ! Nota : 1 A.Peretti, Il periplo di Scilace, Giardini editori, Pisa 1979, p. 375 (torna al testo) |
L'ISOLA DI
CERNE Cominciamo col prendere in considerazione
la citazione della città nel periplo di Scilace o dello pseudo-Scilace,
risalente, ci dicono, ad un periodo compreso fra il VI e il IV sec. a.C. :
l'ultimo paraplo del periplo, il 112, finisce proprio con Cerne,
estremo limite delle terre conosciute a meridione, lungo la costa
africana Atlantica.
A. Peretti così fa diventare il promontorio un'isola vicina ad una litorale ricco di scogli e banchi rocciosi e per far questo propone un interessantissimo accostamento: "C'era un altro promontorio libico che nell'antichità aveva nome Ermaia Akra, conosciuto dai Romani col nome di Promunturium Mercuri ed oggi chiamato capo Bon in Tunisia. Esso aveva in comune con Kotes-Capo Spartel una caratteristica molto importante per la navigazione antica : era orlato da una cintura di ermata, da numerose secche e da scogli affioranti, da bassi fondali di roccia, situati a breve distanza fra loro e dalla costa(2)" Non solo non esiste un promontorio propriamente
detto lungo la costa africana oltre il capo Spartel per centinaia di chilometri,
ma non esiste neppure l'ampio golfo con il lago al centro; e nessun altro
geografo dell'antichità ci ha mai parlato di una città di Pontion: "I
tentativi di localizzare la città di Pontion, che forse è un toponimo
corrotto, e di identificarla con qualche città nota ad altri testimoni,
sono falliti"(3)
!
Basterebbe questo per dire che l'ambientazione
originaria del §112 del periplo non è quella tramandataci nella stesura
finale dell'opera. Il §112 è "il più ampliato e confuso, palesemente
composito"(5)
dice A. Peretti. Quando si arriva a Cerne questa: "è un'isola
disabitata : vi approdano i mercanti fenici per una breve sosta,
per issarvi le tende e per avere una base per lo scambio delle merci con
gli indigeni. I quali sono Etiopi, abitanti del vicino continente, non
nomadi berberi come i Lissiti descritti da Annone nel § 6 del suo Periplo"(6).
"Oltre quest'isola non era possibile navigare: ostacoli insormontabili
impedivano di avanzare, quali bassi fondali, fango e alghe pungenti"(7).
I prodotti indigeni offerti dagli Etiopi
erano pelli di cervi, di leoni, di leoparti, pelli e zanne di elefanti
e infine vino. Note : 2 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 386 (torna al testo) 3 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 392 (torna al testo) 4
Il nome Pontion del Periplo se
realmente corrotto è riconducibile 5 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 373 (torna al testo) 6 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 376 (torna al testo) 7 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 374 (torna al testo) 8 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 444 (torna al testo) |
LA CITTA' DI
CERNE NELLA BIBLIOTECA STORICA DI Lo storico Diodoro Siculo propone un intrigante legame Cerne-Atlantide. Lo fa nella sua ricostruzione della Saga delle Amazzoni Libiche. Lo storico non localizza con precisione la madrepatria degli Atlanti ma fa riferimento piuttosto alle terre libiche di questi ultimi ! La città degli Atlanti, l'unica di cui ci parli Diodoro, è la nostra Cerne. Le Amazzoni, dalle loro terre, mossero guerra contro gli Atlantidi e conquistarono e distrussero la città di Cerne. E' anzitutto interessante capire dove Diodoro Siculo localizzasse la terra delle Amazzoni; ci racconta nel Libro III, 53-62 della sua Biblioteca Storica che: " [...] (le Amazzoni abitavano n.d.a.) un'isola che, per il fatto di trovarsi ad occidente, era chiamata Espera, ed era posta nel Lago Tritonide. Questo lago a sua volta si sarebbe trovato nei pressi dell'Oceano che circonda la terra, e sarebbe stato così chiamato da un fiume che vi si gettava dentro, il Tritone; e si sarebbe trovato vicino all'Etiopia e al monte - sito presso l'Oceano - chiamato dai Greci Atlante che è il più grande tra quelli della zona e si protende nell'Oceano. La predetta isola, quindi, sarebbe stata ben grande e piena di alberi da frutto di ogni specie, da cui gli abitanti del luogo avrebbero ricavato il nutrimento. Essa avrebbe avuto anche una grande quantità di bestiame, capre e pecore, da cui sarebbero derivati ai proprietari latte e carne per il nutrimento; mentre il grano non sarebbe stato assolutamente in uso presso quel popolo, in quanto l'utilizzazione di questo prodotto non sarebbe mai stata scoperta presso di loro (9). Le Amazzoni, dunque, essendo di singolare valore e propense alla guerra, dapprincipio avrebbero sottomesso le città dell'isola, tranne quella chiamata Mene, e che si riteneva fosse sacra, la quale sarebbe stata abitata da Etiopi "Mangiatori di pesci", e avrebbe avuto dei grandi soffioni di fuoco e una gran quantità di quelle pietre preziose che i Greci chiamano "antraci", "sardie" e smeraldi; quindi avrebbero sconfitto molti dei Libici e dei nomadi confinanti, e avrebbero fondato una grande città nel Lago Tritonide, che per la sua struttura sarebbe stata chiamata "Penisola" (Chersoneso)".
Quali sono le fonti di Diodoro Siculo
per questa sezione della Biblioteca Storica ?
E a seguire, in Storie.IV.179 ci racconta che : "Giasone, quando alle falde del Pelio gli fu allestita di tutto punto la nave Argo (…) veleggiò costeggiando il Peloponneso con l'intenzione di recarsi a Delfi. Ma, giunto che fu, navigando, nei pressi del promontorio Malea, lo colse di sorpresa il vento del Nord (vento di Borea n.d.a.), che lo allontanò dalle coste, portandolo verso la Libia; e prima ancora che vedesse terra si trovò incagliato nei bassifondi del lago Tritonide"(12). Questo passo ci porta ad accogliere come più
verisimile, la coincidenza geografica LagoTritonide = Piccola
Sirte, per altro già riconosciuta da interpreti autorevoli(13).
L'imponente fiume Tritone conseguentemente sarebbe ad es. quello che metteva
in comunicazione col mare le acque dello Chott el Jerid che oggi è una
regione palustre depressa rispetto al livello del mare; oltre 2500 anni
fa la situazione era diversa: è provato il fatto che quelle regioni si
siano desertificate progressivamente ! E' ben possibile che quelle depressioni
allora fossero ancora dei laghi con deflusso delle acque dolci verso il
golfo di Gabès.
Nel lago Tritonide = golfo di Gabès c'è l'isola di Mene che è la Meninx degli antichi, la stessa isola di Gerba, chiamata in tanti altri modi dagli antichi che coinciderebbe con l'isola di Fla di Erodoto. E' importate questo raffronto Diodoro-Erodoto, perché quest'ultimo, nei passi riportati, descrive in breve quegli stessi territori in cui Diodoro sembra ambientare il mito delle Amazzoni libiche. Lo storico di Alicarnasso è una delle più ricche fonti circa l'etnologia del nord-Africa, la cui attendibilità è confermata da una serie di altri resoconti dell'antichità. E' allora possibile che lo stesso popolo di cui parlò quattro secoli dopo Diodoro (che si rifaceva però a fonti ben più antiche), sia anche citato da Erodoto? Riprendiamo l'elencazione di popoli nord Africani da parte di quest'ultimo che, dopo averci parlato di Maclui e Ausei (Storie.IV,186-187): "Così, dunque, a cominciare dall'Egitto fino al lago Tritonide vivono popoli libici nomadi, che mangiano carni e bevono latte, che però non toccano carne di vacca, per la stessa ragione per cui se ne astengono anche gli Egiziani non allevano maiali. […]. A occidente del lago Tritonide, invece, i Libici non sono più nomadi(14)"; e ancora: Storie.IV,191: "A occidente del fiume Tritone, accanto agli Ausei si trovano già dei Libici agricoltori, i quali usano possedere delle case e che si chiamano Massi: essi portano i capelli lunghi dalla parte destra del capo, e si radono dalla sinistra; hanno il corpo tinto di rosso e sostengono di essere discendenti dagli uomini venuti da Troia. Il loro paese, come il resto della Libia verso occidente, è molto più popolato di fiere e denso di boschi che non la terra dei nomadi. (…) presso di loro (…) si trovano i serpenti mostruosi e i leoni; così pure gli elefanti, e orsi, aspidi e asini con le corna, e i cinocefali e gli animali senza testa che hanno gli occhi nel petto (…) e gli uomini e le donne selvaggi e molti altri numerosi animali favolosi"(15).
Questi Massi (potremmo leggere Maxi) posti qui, nelle stesse regioni di cui ci parla Diodoro non possono passare inosservati; dobbiamo ancora una volta giocare coi nomi ma i Massi ci ricordano le Amazzoni e ancor più nella versione greca del nome ! La prima obiezione è immediata : sono un popolo di uomini e donne, non solo donne ! Stiamo interpretando un mito e cercando in esso un fondo di verità che probabilmente esiste: il popolo di donne guerriere può essere interpretato come un popolo in cui le donne avevano nella società rilievo insolito per la cultura greca. Ciò non vuol dire che fossero sole o che tenessero i maschi in schiavitù; vuol dire che il loro ruolo all'interno della società era considerato naturalmente di rilievo: se non superiore, forse alla pari rispetto a quello dell'uomo; e così nella struttura gerarchica occupavano sicuramente posti al vertice. In tal caso è lecito proporre la coincidenza dei Massi con le Amazzoni. Abbiamo ulteriore conferma di ciò proseguendo nella lettura di Erodoto (Storie.IV,193): "A confine con i Libici Massi si trovano gli Zavechi, presso i quali sono le donne che guidano i carri quando vanno alla guerra. Vicini a questi si trovano i Gizanti […]. Tutti questi uomini si tingono di rosso e mangiano le carni delle scimmie che sono straordinariamente numerose sui loro monti. (195) Di fronte al paese di costoro, dicono i Cartaginesi, si trova l'isola che ha nome Cirani"(16). Queste poche righe contengono diverse importanti informazioni : la possibile unità razziale di Massi, Zavechi e Gizanti; il ruolo importante svolto dalle loro donne in combattimento; la loro terra d'origine, nel territorio compreso fra il lago Tritone e l'isola di Cercina. Sono in molti oggi a ritenere accettabile la corrispondenza Amazzoni-Maxies-Amazigh il quale ultimo è il modo con cui i berberi chiamano ancora oggi se stessi per recuperare una unità etnica precedente le guerre di islamizzazione. Se le Amazzoni di Diodoro coincidono
con i Massi di Erodoto, questo è il terzo elemento che ci consente
di localizzare geograficamente, e in maniera piuttosto precisa, il mito
Diodoreo delle Amazzoni: si tratta del territorio costiero noto come il
Golfo di Gabès. Note : 9 A-mazon vuol dire in greco "senza farina"; è una delle presunte etimologie del termine "Amazzone". (torna al testo) 10 Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, Libri I-III, a cura di G.Cordiano e M.Zorat, BUR, Milano 2004, p.72 (torna al testo) 11 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 810 (torna al testo) 12 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 810 (torna al testo) 13 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 325 e segg. (torna al testo) 14 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 819-821 (torna al testo) 15 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 823-825 (torna al testo) 16 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 825-827 (torna al testo) 17 Diodoro Siculo, Bibliotheca Historica, III, 52 (torna al testo) 18 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 374 (torna al testo) 19 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 304 (torna al testo) 20 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 324 (torna al testo) |
L'ISOLA-CITTA' Ben altre informazioni sono fornite da un terzo documento, il cosiddetto viaggio del cartaginese Annone; descritto in lingua punica entro il tempio di Baal Ammone a Cartagine, fu trascritto in greco e quindi tramandato per vie traverse fino ad oggi. E' uno dei testi antichi che ha creato maggiori difficoltà a Sergio Frau, nel suo processo di restituzione delle prime colonne d'Ercole allo stretto di Sicilia.
Riportiamo la descrizione del viaggio, un presunto periplo delle coste dell'Africa occidentale, facendo nostre le parole di Donald Harden: "L'unico manoscritto conservatosi non e più antico del X secolo d. C. ed è stato mutilato nel processo di copiatura dagli scribi; ma la storia è tanto interessante e dettagliata che è stata studiata e commentata in epoca moderna. La maggior parte degli studiosi accettano, in linea di massima, la storia, ma vi sono molte divergenze d'opinioni sull'identificazione dei luoghi nominati da Annone e sul punto fin dove egli era giunto. Uno scrittore contemporaneo ritiene addirittura che il testo sia in gran parte - se non interamente - falsificato. Non possiamo dargli completamente ragione in questa sua teoria, ma effettivamente bisogna ammettere che il racconto - così come lo conosciamo - è pieno d'inesattezze e di contraddizioni. Esiste, però, anche 1'ipotesi che queste inesattezze fossero state introdotte apposta nel testo reso pubblico, per confondere le idee dei rivali di Cartagine e sviarli. Ed ecco il testo:
D.Harden ci informa dell'accordo di molti studiosi nell'identificazione della gran parte dei luoghi nominati da Annone, compreso il flume Lixos, di cui si ritiene che sia il fiume Draa alla frontiera tra il Marocco e il Sahara spagnolo. La localizzazione di Cerne invece genera disaccordo e le tre proposte di identificazione più accreditate sono le seguenti
In generale tutte le proposte tendono ad ignorare
le distanze proposte nel testo di Annone perché apparentemente
troppo brevi, e quindi si incrementano le percorrenze immotivatamente.
Voglio anticipare alcune semplici considerazioni sulle tappe del viaggio
dalla XI in poi. In quest'ultima tappa è sottolineato il percorso di 12
giorni; dopo le precedenti tappe, della durata massima di tre giorni,
troviamo improvvisamente una tratta lunghissima. Tutta la descrizione
che segue è in diversi punti incredibile, in particolare le tappe XIV
e XVIII nei passi sottolineati: mi chiedo come i naviganti punici avessero
fatto a sbarcare, partendo dal mare, su un'isola all'interno di un lago
contenuto all'interno di un'isola più grande. Ma se pure ne trovassimo
una di isola di tali dimensioni così fatta (non esiste!) sulla costa occidentale
africana (!) : Annone ne trovò due!
Perché questo viaggio verso terre così lontane
e così poco importanti per l'economia dell'impero punico?
Facciamo un passo indietro e ripartiamo proprio
da Sergio Frau; nel suo studio rivoluzionario sulle prime Colonne
d'Ercole(22)
dimostra che per gli "antichi" che gravitavano nel bacino orientale del
Meditterraneo, e in particolare per i Greci, le Colonne erano posizionate
sul canale di Sicilia (e più precisamente nei pressi dell'isola di Malta).
E' possibile che la costa mediterranea fosse
il loro sud ! Potremmo allora proporre diverse nuove interpretazioni per lo strano viaggio di Annone :
L'altro aspetto fondamentale della descrizione
del viaggio, analizzato e sviluppatop invece da tutti i commentatori,
è quello delle distanze.
Possiamo fermarci qui per ora e proviamo a dare una concreta interpretazione in termini di percorrenze complessive. Accettiamo anche come buona la partenza della tratta II del viaggio dallo stretto di Gibilterra e riportiamo lungo la costa africana le percorrenze suesposte, nei limiti superiori (percorenze massime). Nella carta in Fig.14 abbiamo rappresentato il termine di ogni tappa con un punto rosso : si arriverebbe così a Cerne poco a sud di Safi, a 170 km di distanza da Agadir, 100 km a sud del Capo Cantin, a metà della costa Atlantica marocchina !
Un raffronto con la Fig.9 rende l'evidenza
dello sforzo degli interpreti moderni di allungare il viaggio di Annone
ben oltre il ragionevole. Per tentare qualunque altra interpretazione dovremmo imporre una nuova posizione per le Colonne d'Ercole. Cercando di ridare credibilità al nostro sforzo
chiediamoci se una ricerca dei territori del viaggio di Annone
a Est rispetto a Cartagine sia in qualche modo da prendere in considerazione. Proviamo a immaginare infatti questo viaggio
svolgersi oltre le prime colonne d'Ercole e lungo la costa Africana :
verso Est quindi; questa parte di mondo possiede molte delle caratteristiche,
sia fisiche che di popolazione, che vengono descritte nel viaggio di Annone.
"IV. Andando verso est per mezza giornata,
giungemmo a un lago non lontano dal mare, [...] canne […] elefanti e molti
altri animali selvaggi" "V. A un giorno di navigazione da questo
lago, fondammo città sulla costa, chiamate Caricon Tihos, Gytte, Acra,
Melitta e Arambys". "VI. Da lì arrivammo al grande fiume Lixos
che scorre dalla Libia e accanto al quale dei nomadi chiamati Lixiti facevano
pascolare le loro greggi[…].
Se Cerne allora
era posta sullo stesso meridiano di Cartagine dovremmo andarla a cercare
nei pressi degli attuali stati del Camerun o del Gabon se seguissimo la
tradizionale interpretazione del viaggio di Annone. "IX. Di là navigammo lungo un grande fiume
chiamato Chretes e giungemmo a un lago su cui c'erano tre isole più grandi
di Cerne. A un giorno di navigazione da lì
arrivammo alla fine del lago, dove cominciavano altissime montagne piene
di selvaggi vestiti di pelli di bestie selvagge, i quali ci gettarono
delle pietre e ci cacciarono via, impedendoci di sbarcare. Abbiamo già detto cosa pensiamo della descrizione
che segue: siamo portati a considerare inverosimile questa seconda parte
di viaggio: di punto in bianco i protagonisti decidono di stare 12 giorni
in mare senza toccare terra, in un tratto di costa abitato e da gente
non ostile! Davvero uno strano comportamento. Il seguito del viaggio è
una specie di racconto del paese delle meraviglie, senza più fondazione
di città né di seri contatti con gli indigeni... sembra tutto inventato
!
Il percorso che abbiamo tracciato in blu nella
Fig.17 ha uno sviluppo di circa 370 km che corrispondono esattamente
alla via percorribile in 7 giorni e mezzo a una velocità pari a 50 km/giorno. Note : 21
D.Harden, I Fenici, trad. I.Giorgi
Algerti, Il Saggiatore, Milano 1964, pagg.187-190 22 S. Frau, Le Colonne d'Ercole un'inchiesta, Nur, Roma 2002 (torna al testo) 23 E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano, Ilisso, Nuoro 1999 (torna al testo) 24 G. Martinat, Prua all'ignoto oltre il limite di Ercole, nella pubblicazione Ecco i Fenici, supplemento a "La Stampa", n° 48 del 3 marzo 1988, p. 27 e seguenti (torna al testo) 25 E.T.Salmon, Il Sannio e i Sanniti, G. Einaudi, Torino 1985, p.40 (torna al testo) 26 Autore latino del I sec. a.C. (torna al testo) 27 Estratto da : www.forum.maricosom.net (torna al testo) |
Gli Atlanti costruttori di Cerne Il risvolto di questa scoperta è uno degli
obiettivi taciuti finora ma principali della ricerca: dove abitavano gli
Atlanti di cui parla Diodoro Siculo, gli stessi forse descritti
da Erodoto, localizzati nelle stesse regioni ? E tali Atlanti hanno
qualcosa a che vedere con i più celebri Atlantidi del Crizia e del Timeo
di Platone ? Il mito del Dioniso Libico ricordato da Diodoro Siculo (Biblioteca storica, libro III, 67-73) sarebbe allora la cronaca di un dominio non accettato ma subìto dalle popolazioni libiche e che avrebbe generato moti di rivolta da lì fin nell'Isola di Crono/Saturno/Forco, come suggerito da Varrone (Varr. apud Serv. Ad Aen. V 824). Gli Atlanti del nord Africa così descritti
appaiono estranei ai popoli storici tramandati dai geografi dell'antichità.
Penso invece che sia possibile dare un nome certo a questo popolo, un
nome fra quelli conosciuti storicamente.
Il monte Atlante è stato forzatamente trasferito
verso sud-ovest, anche se Erodoto dice esplicitamente che il ciglione
sabbioso ai margini del quale vivono gli Atlanti ha una distanza costante
dal Mediterraneo, pari ad es. a quella degli Ammoni o dei Garfasanti,
correttamente ubicati questi ultimi, nella stessa carta, grazie al riferimento
Erodoteo alla città di Augila. Erodoto localizza i Gizanti
in maniera precisa, attraverso informazioni fornite dai Cartaginesi, che
li ponevano sulla costa di fronte all'isola Kiraunis/Cercina (vedi Fig.8).
E' possibile che alcuni popoli libici chiamassero Atlanti quelle stesse
genti che dai punici erano conosciute come Gizanti ? Note : 28 Erodoto, Storie IV, 184 (torna al testo) 29 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 333 (torna al testo) 30 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 338 (torna al testo) 31 Dal dialogo Timeo di Platone (torna al testo) 32 A.Traiana, G.Bernardi Perini, Propedeutica al latino universitario, Pàtron Editore, Bologna 1982, pp.33-35 (torna al testo) 33 G.Sanna, Sardoa Grammata, S'Alvure, Oristano, 2005 (torna al testo) |
Bibliografia Essenziale
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