Cerne
L'isola-città
colonia degli Atlanti in terra d'Africa

Il mistero Cerne - Periplo di Scilace
La biblioteca di Diodoro Siculo - Periplo del punico Annone
Gli Atlanti costruttori di Cerne - Bibliografia essenziale

Re della Corsica e della Sardegna è stato una volta un certo Forco il quale, allorché venne annientato in una battaglia navale e poi mandato in rovina da Atlante con grande parte del suo esercito, dai suoi compagni venne ritenuto trasformato in una divinità marina (Servio V, in "ad Aen" v. 824)

… i Troiani si rifugiarono nei luoghi alti dell'isola, ed avendo appunto occupato le montagne dal difficile accesso ben protette da opere difensive e da precipizi, ancora ai miei tempi loro conservano il nome di Iliesi, per quanto somiglino agli africani nell'aspetto, nell'armatura e in ogni loro costume di vita.
(Pausania, X, v. 4; ca. 120-180 d.C.)

IL MISTERO CERNE

In un altro articolo ho parlato della possibile corrispondenza Sardegna=Atlantide, sulla scorta delle scoperte rivoluzionarie del giornalista romano Sergio Frau. La forte polemica che è seguita alla pubblicazione del libro "Le Colonne d'Ercole, un'inchiesta…" e le forti critiche verso la stessa da parte di un'Accademia ottusa, chiusa in se stessa, lontana dalla realtà e decisa a difendere il suo ruolo di regina del Sapere più che meritare repliche, induce le menti aperte a maggiori approfondimenti nella ricerca di ulteriori prove della reale esistenza dell'Atlantide platonica, non in fantasiosi mondi sommersi ma in regioni ben conosciute del territorio "emerso" del nostro pianeta. Voglio soffermarmi in queste pagine su una località famosa dell'antichità che nei racconti dei primi geografi ha poco a che fare con la Sardegna. Il suo mito però come vedremo è legato alla Sardegna-Atlantide non celatamente ma in maniera esplicita in base alle dichiarazioni di Diodoro Siculo che tramanda di una Cerne città degli Atlanti in terra d'Africa. Anch'essa ha subito lo stesso destino di tutte le località leggendarie poste nel lontano occidente : a partire dal IV-III sec. a.C. Cerne è stata trasferita, traslocata nelle coste oceaniche nordafricane e da lì naufragata definitivamente al largo, chissà in quale abisso !

Principali vie del commercio nell'antichità storica
Fig.1 - Immagine tratta dalla rivista "Ecco i FENICI" supplemento a "La Stampa" n.48 del 3 marzo 1988, p.64.
Sono evidenziate le principali vie del commercio nell'antichità storica aventi come protagonisti i mercanti e gli esploratori fenici

Nella Fig.1 l'isola di Cerne o Kerne (i greci a quei tempi conoscevano la sola c velare sorda) colonizzata dal punico Annone è localizzata di fronte alla foce del fiume Senegal. Altri la vogliono addirittura al centro del Golfo di Guinea e anche oltre !
Partiamo da un dato di fatto : "L'identificazione di Kerne è una delle questioni più controverse fra gli storici della geografia antica"(1)" e la sua importanza è strettamente legata all'individuazione dei limiti della colonizzazione del mondo conosciuto da parte di fenici prima e punici poi. Ecco perché sin dall'antichità i vari commentatori delle opere, che vedremo nel seguito, hanno fatto a gara a spostare il più possibile verso occidente tale località, anche per ovvi motivi di geo-politica.
Nella ricostruzione che offrirò fornirò una proposta di localizzazione dell'antica città, rivoluzionaria quanto realistica, sulla base di quella che ritengo la corretta interpretazione dei percorsi tramandati dagli antichi navigatori ed esploratori.

Utilizzerò a tal fine, oltre alle due opere a cui solitamente ci si affida, i due antichi peripli di Scilace e di Annone, alcune informazioni desunte dalla Biblioteca Storica di Diodoro Siculo. Lo storico siceliota è ritenuto normalmente poco attendibile quando riferisce le tradizioni mitiche dei vari popoli. In tal caso, a mio parere, fornisce informazioni tutt'altro che frutto di fantasia. Di Cerne (o Kerne) incuriosisce da subito il nome stesso : richiama tanti altri nomi di uguale antichità, localizzati tutti fra il secondo e il terzo bacino del Mediterraneo. La sua composizione consonantica crn è la stessa che ritroviamo in Cirno, nome antico della Corsica, in Cirani (l'antica Cercina) in Cirene, in Cirna, antica località vicina a Tabarca, in Cerauni, monti costieri dell'Illiria di fronte a Corfù; la stessa che abbiamo in Crono e, solo per gli amanti dei giochi di parole, l'opposta di Norace, l'eroe Iberico che avrebbe fondato Nora. Già questo deve farci riflettere sull'opportunità di considerare tutte le Cerne degli antichi un'unica Cerne. Non possiamo cioè escludere l'eventualità che la Cerne di Diodoro, quella del punico Annone e quella di Scilace non siano la stessa città ma siano luoghi distinti !


Nota :
1 A.Peretti, Il periplo di Scilace, Giardini editori, Pisa 1979, p. 375 (torna al testo)


L'ISOLA DI CERNE
NEL PERIPLO DI SCILACE

Cominciamo col prendere in considerazione la citazione della città nel periplo di Scilace o dello pseudo-Scilace, risalente, ci dicono, ad un periodo compreso fra il VI e il IV sec. a.C. : l'ultimo paraplo del periplo, il 112, finisce proprio con Cerne, estremo limite delle terre conosciute a meridione, lungo la costa africana Atlantica.
Fra le tre opere che stiamo considerando questa è quella dove la posizione della nostra città sembra essere individuabile con maggior facilità; tutti i commentatori sanno però che non è così. Le contraddizioni presenti nell'opera e le forzature necessarie per rendere credibili i luoghi descritti, sono tantissime e in parte sottovalutate dagli stessi commentatori più accreditati.
Il § 112 ad es. comincia, passate le Colonne d'Ercole, con la citazione di un promontorio Ermeo (a due giorni di navigazione dalle Colonne), di un ampio golfo, con al centro un lago, una città sulle sue rive (Pontion) e diverse isole tutt'intorno.
I più concordano col fatto che il promontorio Ermeo a due giorni di navigazione dallo stretto non può essere il capo Spartel; più avanti la costa nordafricana non presenta alcun promontorio rilevante ! I commentatori a questo proposito si sono inventati di tutto pur di giustificare quel promontorio in quella posizione !

Localizzazione del promontorio Ermeo
Fig. 2  - La localizzazione del promontorio Ermeo in A. Peretti.

A. Peretti così fa diventare il promontorio un'isola vicina ad una litorale ricco di scogli e banchi rocciosi e per far questo propone un interessantissimo accostamento: "C'era un altro promontorio libico che nell'antichità aveva nome Ermaia Akra, conosciuto dai Romani col nome di Promunturium Mercuri ed oggi chiamato capo Bon in Tunisia. Esso aveva in comune con Kotes-Capo Spartel una caratteristica molto importante per la navigazione antica : era orlato da una cintura di ermata, da numerose secche e da scogli affioranti, da bassi fondali di roccia, situati a breve distanza fra loro e dalla costa(2)"

Non solo non esiste un promontorio propriamente detto lungo la costa africana oltre il capo Spartel per centinaia di chilometri, ma non esiste neppure l'ampio golfo con il lago al centro; e nessun altro geografo dell'antichità ci ha mai parlato di una città di Pontion: "I tentativi di localizzare la città di Pontion, che forse è un toponimo corrotto, e di identificarla con qualche città nota ad altri testimoni, sono falliti"(3) !
Tutto questo invece esiste sicuramente nei pressi dell'altro promontorio Ermeo, il capo Bon tunisino, che chiude l'ampio golfo con al centro un lago e la città di Cartagine(4) e contornato da tante isole, fra le quali Zembra, Zembretta, l'isola Piana e le isole Cani.

Golfo di Tunisi
Fig.3  - Il golfo di Tunisi. La descrizione del grande golfo nel §112 del periplo di Scilace delimitato dal promontorio Hermeo e con molte isole intorno,
mentre non trova riscontri lungo la costa marocchina atlantica, calza perfettamente con questo famoso tratto di costa tunisina
.

Basterebbe questo per dire che l'ambientazione originaria del §112 del periplo non è quella tramandataci nella stesura finale dell'opera. Il §112 è "il più ampliato e confuso, palesemente composito"(5) dice A. Peretti.
Importanti commentatori del Periplo ritengono che in questo paragrafo ci siano almeno due mani e che sia descritto 2 volte lo stesso tragitto ! Nella descrizione del §112 seguono altre località, più o meno note, alcune citate anche nel periplo di Annone e delle quali non c'è alcuna certezza di localizzazione.
Fa eccezione la città di Lixus, colonia fenicia e poi punica, divenuta colonia romana dopo il 40 d.C., sede di un'importante tempio dedicato a Eracle. La localizzazione di quest'ultima, agli albori della sua fondazione, nei pressi del giardino delle Esperidi, insospettisce e fa pensare alla "solita" traslazione di un luogo mitico dal Mediterraneo all'Atlantico associata alla designazione di città diverse con lo stesso nome, spesso presente in ambito punico (come nel caso di Gadir o della stessa Cartagine); come a dire che la Lixus mitica fosse localizzata chissà dove nella costa delle Sirti mentre la nuova Lixus, Atlantica, di fondazione fenicio-punica, non sia così antica come si racconta (XII sec. a.C.), così come testimoniano i ritrovamenti archeologici, che non vanno oltre la fine dell'VIII-inizi del VII sec. a.C.. Nello stesso §112 del Periplo si parla di 2 fiumi Lixus, un promontorio Soloeis, che coinciderebbe col Capo Cantin ma che anch'esso lascia molti dubbi.

Quando si arriva a Cerne questa: "è un'isola disabitata : vi approdano i mercanti fenici per una breve sosta, per issarvi le tende e per avere una base per lo scambio delle merci con gli indigeni. I quali sono Etiopi, abitanti del vicino continente, non nomadi berberi come i Lissiti descritti da Annone nel § 6 del suo Periplo"(6). "Oltre quest'isola non era possibile navigare: ostacoli insormontabili impedivano di avanzare, quali bassi fondali, fango e alghe pungenti"(7).
I bassi fondali non sono caratteristici della costa senegalese e sono spiegati dai commentatori come la classica falsa informazione geografica di chi non sa cosa ci sia oltre, un limite invalicabile che giustifichi l'ignoranza ! E se questa informazione corrispondesse invece alla realtà geografica della zona descritta ? Dovremmo cercare queste peculiarità geografiche da altre parti, lì dove i fondali sono davvero bassi e le maree favoriscono l'insabbiamento, lì dove forse sorgeva realmente la Cerne dell'antichità.

La colonnizzazione fenicia e le zone di commercio dei Greci
Fig.4 - Tratta da "Ecco i Fenici", op. cit, pag. 29.

I prodotti indigeni offerti dagli Etiopi erano pelli di cervi, di leoni, di leoparti, pelli e zanne di elefanti e infine vino.
Quei fenici, dal Mediteterraneo, giungevano su quelle coste Atlantiche per acquistare merci, destinate ai mercati orientali, reperibili in aree molto più vicine, come mostrato nella cartina di Fig.4. Studi recenti hanno consentito di ricostruire le vie commerciali di approvvigionamento di prodotti dall'area centroafricana verso il Mediterraneo, che partivano dalle attuali Tunisia meridionale e dalla Libia e che erano attive almeno dal periodo romano.
Anche riguardo al vino c'erano regioni famose per la sua produzione in terra d'africa e in particolare fra Cirene e Cartagine, nelle fertili aree Libiche fra le due Ssirti. E gli Etiopi ? La parola greca Etiope significa volto bruciato; per alcuni autori si trattava degli uomini di pelle nera; altri con tale nome indicavano anche coloro che usavano tingersi di rosso. Erano Etiopi quindi non solo gli uomini di colore che abitavano lontani dalle coste africane mediterranee ma anche diverse tribù libiche della costa, che abitavano soprattutto nell'area costiera dell'attuale tunisia. Gli Etiopi di Scilace commercializzano sia prodotti tipici delle culture nomadi, sia prodotti tipici di culture stanziali; la notizia crea un qualche imbarazzo interpretativo tanto che così è commentata da Peretti: "Dalla viticoltura degli Etiopi attestata (nel §112) […] si deduce che il mercato di Kerne non ha nulla a che vedere con l'isola omonima e colonizzata da Annone lungo la costa del deserto, ma si trovava nelle vicinanza della foce di un fiume importante, allo sbocco di vie carovaniere e fluviali"(8).
Per concludere, su questo capitolo del Periplo e quindi sull'attendibilità delle informazioni riportate, soprattutto quelle relative alla localizzazione geografica dei luoghi, dicono già abbastanza i commentatori: opera fatta a più mani, dove non possiamo escludere che se non tutto il paraplo, almeno alcune porzioni siano state aggiunte, estrapolando notizie parziali da altri resoconti di viaggio. La Cerne del Periplo attribuito a Scilace è senza ombra di dubbio collocata nella costa nord-occidentale africana, sull'Atlantico; tutto quello che viene descritto intorno ad essa sembra però far riferimento ad altri luoghi, molto più vicini alla terra d'origine di fenici e greci, dentro quel piccolo Mediterraneo ancora immenso per i navigatori della prima metà del I millennio a.C.


Note :

2 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 386 (torna al testo)

3 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 392 (torna al testo)

4 Il nome Pontion del Periplo se realmente corrotto è riconducibile
al nome della capitale punica ? (torna al testo)

5 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 373 (torna al testo)

6 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 376 (torna al testo)

7 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 374 (torna al testo)

8 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 444 (torna al testo)



LA CITTA' DI CERNE NELLA BIBLIOTECA STORICA DI
DIODORO SICULO

Lo storico Diodoro Siculo propone un intrigante legame Cerne-Atlantide. Lo fa nella sua ricostruzione della Saga delle Amazzoni Libiche. Lo storico non localizza con precisione la madrepatria degli Atlanti ma fa riferimento piuttosto alle terre libiche di questi ultimi ! La città degli Atlanti, l'unica di cui ci parli Diodoro, è la nostra Cerne. Le Amazzoni, dalle loro terre, mossero guerra contro gli Atlantidi e conquistarono e distrussero la città di Cerne. E' anzitutto interessante capire dove Diodoro Siculo localizzasse la terra delle Amazzoni; ci racconta nel Libro III, 53-62 della sua Biblioteca Storica che: " [...] (le Amazzoni abitavano n.d.a.) un'isola che, per il fatto di trovarsi ad occidente, era chiamata Espera, ed era posta nel Lago Tritonide. Questo lago a sua volta si sarebbe trovato nei pressi dell'Oceano che circonda la terra, e sarebbe stato così chiamato da un fiume che vi si gettava dentro, il Tritone; e si sarebbe trovato vicino all'Etiopia e al monte - sito presso l'Oceano - chiamato dai Greci Atlante che è il più grande tra quelli della zona e si protende nell'Oceano. La predetta isola, quindi, sarebbe stata ben grande e piena di alberi da frutto di ogni specie, da cui gli abitanti del luogo avrebbero ricavato il nutrimento. Essa avrebbe avuto anche una grande quantità di bestiame, capre e pecore, da cui sarebbero derivati ai proprietari latte e carne per il nutrimento; mentre il grano non sarebbe stato assolutamente in uso presso quel popolo, in quanto l'utilizzazione di questo prodotto non sarebbe mai stata scoperta presso di loro (9). Le Amazzoni, dunque, essendo di singolare valore e propense alla guerra, dapprincipio avrebbero sottomesso le città dell'isola, tranne quella chiamata Mene, e che si riteneva fosse sacra, la quale sarebbe stata abitata da Etiopi "Mangiatori di pesci", e avrebbe avuto dei grandi soffioni di fuoco e una gran quantità di quelle pietre preziose che i Greci chiamano "antraci", "sardie" e smeraldi; quindi avrebbero sconfitto molti dei Libici e dei nomadi confinanti, e avrebbero fondato una grande città nel Lago Tritonide, che per la sua struttura sarebbe stata chiamata "Penisola" (Chersoneso)".


Amazzoni Libiche
Fig. 5. tratta da www.liceochiabrera.it. Questa è l'interpretazione geografica classica del mito Diodoreo
delle Amazzoni Libiche con la loro terra d'origine posta nell'estremo occidente.

Quali sono le fonti di Diodoro Siculo per questa sezione della Biblioteca Storica ?
"La seconda parte del III libro della Biblioteca Storica, quella mitologica, concernente la Libia (49-74), è tratta dal compendio di miti e leggende greche, realizzato nel II secolo a.C. ad Alessandria di Egitto da Dionisio di Mitilene […]. Diodoro lo cita tre volte in connessione con due temi ampiamente trattati, la leggenda delle Amazzoni e quella del Dioniso libico, ma la stessa versione sembrerebbe aver registrato la mitologia degli abitanti della zona dell'Atlante […] menzionata a 56,1 quale tradizione prettamente locale"(10). E' importante questa testimonianza sulle "tradizioni locali", con tutta probabilità tramandate oralmente, che accresce l'attendibilità e la consistenza storica del mito.
Gli elementi geografici fondamentali del racconto sono : il lago Tritonide, il fiume Tritone, l'isola con la città di Mene, la vicinanza all'Oceano, al monte Atlante e alla terra degli Etiopi.
Il lago Tritonide è una delle antiche realtà geografiche dotate di bilocazione : una Mediterranea e una Atlantica, la prima più o meno individuabile concretamente, la seconda pura fantasia (vedi Fig.5). Le due realtà coincidono geograficamente qualora si accetti la straordinaria intuizione di S.Frau circa la collocazione delle più antiche colonne d'Ercole e la localizzazione del più antico mare Atlantico.
Il lago Tritonide Mediterraneo viene considerato coincidente o con lo Chott el Jerid nell'attuale Tunisia o con la piccola Sirte, l'attuale golfo di Gabès.
Per avere un quadro più chiaro ci serviamo di Erodoto. Dal punto di vista della geografia della regione egli conosce una sola Sirte, la Grande, il golfo compreso fra la Cirenaica e l'attuale città di Misurata. Non fa cenno della Piccola, però dimostra di conoscere bene quel territorio. In Storie.IV,178, ci informa che : "Vicino ai Lotofagi, sempre lungo il mare, sono i Macli, che fanno, essi pure, uso del loto […]. Si estendono fino a un fiume imponente che si chiama Tritone; esso va a sfociare nel vasto Lago Tritonide, nel quale si trova l'isola denominata Fla : quest'isola, a quanto si dice, secondo un oracolo doveva essere colonizzata dagli Spartani"(11).

Giasone fu spinto verso la Lybia
Fig.6 - Passando il capo Malea, a sud-ovest del Peloponneso, Giasone,
spinto dal vento di Borea, fu spinto verso la Lybia
e si incagliò nei bassifondi del lago Tritonide.

E a seguire, in Storie.IV.179 ci racconta che : "Giasone, quando alle falde del Pelio gli fu allestita di tutto punto la nave Argo (…) veleggiò costeggiando il Peloponneso con l'intenzione di recarsi a Delfi. Ma, giunto che fu, navigando, nei pressi del promontorio Malea, lo colse di sorpresa il vento del Nord (vento di Borea n.d.a.), che lo allontanò dalle coste, portandolo verso la Libia; e prima ancora che vedesse terra si trovò incagliato nei bassifondi del lago Tritonide"(12).

Questo passo ci porta ad accogliere come più verisimile, la coincidenza geografica LagoTritonide = Piccola Sirte, per altro già riconosciuta da interpreti autorevoli(13). L'imponente fiume Tritone conseguentemente sarebbe ad es. quello che metteva in comunicazione col mare le acque dello Chott el Jerid che oggi è una regione palustre depressa rispetto al livello del mare; oltre 2500 anni fa la situazione era diversa: è provato il fatto che quelle regioni si siano desertificate progressivamente ! E' ben possibile che quelle depressioni allora fossero ancora dei laghi con deflusso delle acque dolci verso il golfo di Gabès.

Isola di Meninx, attuale Gerba
Fig. 7 - L'isola di Meninx, attuale Gerba, nella carta tratta
da A.Peretti, Il periplo, op. cit., pag. 306-fig.16.

Nel lago Tritonide = golfo di Gabès c'è l'isola di Mene che è la Meninx degli antichi, la stessa isola di Gerba, chiamata in tanti altri modi dagli antichi che coinciderebbe con l'isola di Fla di Erodoto. E' importate questo raffronto Diodoro-Erodoto, perché quest'ultimo, nei passi riportati, descrive in breve quegli stessi territori in cui Diodoro sembra ambientare il mito delle Amazzoni libiche. Lo storico di Alicarnasso è una delle più ricche fonti circa l'etnologia del nord-Africa, la cui attendibilità è confermata da una serie di altri resoconti dell'antichità. E' allora possibile che lo stesso popolo di cui parlò quattro secoli dopo Diodoro (che si rifaceva però a fonti ben più antiche), sia anche citato da Erodoto?

Riprendiamo l'elencazione di popoli nord Africani da parte di quest'ultimo che, dopo averci parlato di Maclui e Ausei (Storie.IV,186-187): "Così, dunque, a cominciare dall'Egitto fino al lago Tritonide vivono popoli libici nomadi, che mangiano carni e bevono latte, che però non toccano carne di vacca, per la stessa ragione per cui se ne astengono anche gli Egiziani non allevano maiali. […]. A occidente del lago Tritonide, invece, i Libici non sono più nomadi(14)"; e ancora: Storie.IV,191: "A occidente del fiume Tritone, accanto agli Ausei si trovano già dei Libici agricoltori, i quali usano possedere delle case e che si chiamano Massi: essi portano i capelli lunghi dalla parte destra del capo, e si radono dalla sinistra; hanno il corpo tinto di rosso e sostengono di essere discendenti dagli uomini venuti da Troia. Il loro paese, come il resto della Libia verso occidente, è molto più popolato di fiere e denso di boschi che non la terra dei nomadi. (…) presso di loro (…) si trovano i serpenti mostruosi e i leoni; così pure gli elefanti, e orsi, aspidi e asini con le corna, e i cinocefali e gli animali senza testa che hanno gli occhi nel petto (…) e gli uomini e le donne selvaggi e molti altri numerosi animali favolosi"(15).

Popoli ricordati da Erodoto
Fig.8 - I Popoli ricordati da Erodoto sulla costa del Lago Tritonide o Piccola Sirte.
I Gizanti sono il popolo libico più occidentale descritto da Erodoto il quale lo conosce indirettamente attraverso il tramite punico.

Questi Massi (potremmo leggere Maxi) posti qui, nelle stesse regioni di cui ci parla Diodoro non possono passare inosservati; dobbiamo ancora una volta giocare coi nomi ma i Massi ci ricordano le Amazzoni e ancor più nella versione greca del nome ! La prima obiezione è immediata : sono un popolo di uomini e donne, non solo donne ! Stiamo interpretando un mito e cercando in esso un fondo di verità che probabilmente esiste: il popolo di donne guerriere può essere interpretato come un popolo in cui le donne avevano nella società rilievo insolito per la cultura greca. Ciò non vuol dire che fossero sole o che tenessero i maschi in schiavitù; vuol dire che il loro ruolo all'interno della società era considerato naturalmente di rilievo: se non superiore, forse alla pari rispetto a quello dell'uomo; e così nella struttura gerarchica occupavano sicuramente posti al vertice. In tal caso è lecito proporre la coincidenza dei Massi con le Amazzoni. Abbiamo ulteriore conferma di ciò proseguendo nella lettura di Erodoto (Storie.IV,193): "A confine con i Libici Massi si trovano gli Zavechi, presso i quali sono le donne che guidano i carri quando vanno alla guerra. Vicini a questi si trovano i Gizanti […]. Tutti questi uomini si tingono di rosso e mangiano le carni delle scimmie che sono straordinariamente numerose sui loro monti. (195) Di fronte al paese di costoro, dicono i Cartaginesi, si trova l'isola che ha nome Cirani"(16). Queste poche righe contengono diverse importanti informazioni : la possibile unità razziale di Massi, Zavechi e Gizanti; il ruolo importante svolto dalle loro donne in combattimento; la loro terra d'origine, nel territorio compreso fra il lago Tritone e l'isola di Cercina. Sono in molti oggi a ritenere accettabile la corrispondenza Amazzoni-Maxies-Amazigh il quale ultimo è il modo con cui i berberi chiamano ancora oggi se stessi per recuperare una unità etnica precedente le guerre di islamizzazione.

Se le Amazzoni di Diodoro coincidono con i Massi di Erodoto, questo è il terzo elemento che ci consente di localizzare geograficamente, e in maniera piuttosto precisa, il mito Diodoreo delle Amazzoni: si tratta del territorio costiero noto come il Golfo di Gabès.
Dobbiamo infine dare ragione degli ultimi elementi geografici che abbiamo evidenziato nella descrizione di Diodoro Siculo e cioè l'Oceano, il monte Atlante e la terra degli Etiopi.
Per quanto riguarda il mare che tutto circonda sappiamo, con Sergio Frau, che l'antico Atlantico e/o Oceano cominciava al di là delle prime Colonne d'Ercole, poste sullo stretto di Sicilia e, nella versione dei due promontori contrapposti, uno Europeo e l'altro Libico, corrispondenti con i due promontori Lilibeo-capo Hermeo attuale capo Bon. L'Oceano cominciava lì, a pochi giorni di viaggio dalla piccola Sirte.
Il monte Atlante di Diodoro dovrebbe essere l'attuale catena dell'Atlante; anche in tal caso sappiamo che le sue propaggini orientali si spingono fino ad essere visibili dalla costa a 50 km all'interno del golfo di Gabès e a una trentina di km all'altezza del golfo di Hammamet.
Chi sono infine gli Etiopi di Diodoro ? Questo problema sembra essere fondamentale anche per capire meglio il passo di Scilace nel §112 del Periplo dove per l'appunto si parla di Etiopi e lo si fa proprio in relazione all'isola di Cerne ! Questi Etiopi non sono gli uomini rossi, i libici agricoltori di Erodoto, che coincidono con le Amazzoni dello stesso Diodoro; potrebbero essere gli uomini di colore attestati sui vicini altipiani del sud in tempi remoti, come testimoniano le pitture del Tassili ad es., dediti alla pastorizia e alla caccia e che frequentavano le vie carovaniere che si spingevano a nord sino alla costa Mediterranea.
Localizzata la terra delle Amazzoni torniamo a Diodoro e al legame da lui trasmessoci fra Amazzoni e Atlantidei: "La stirpe [..delle..] Amazzoni (Lybiche n.d.a.) è scomparsa completamente molte generazioni prima della guerra di Troia, mentre quelle del fiume Termodonte sono fiorite poco prima di quest'epoca, non è strano che le più recenti e più note abbiano ereditato la fama di quelle più antiche e completamente ignorate, per il tempo trascorso, dai più"(17)… "Muovendo di qui (le Amazzoni n.d.a.) avrebbero intrapreso grandi imprese, spinte dallo stimolo a invadere molte regioni del mondo. Per primi, si dice che abbiano fatto una spedizione contro gli Atlantii, gli uomini più civili tra gli abitanti di quei luoghi, che occupavano una terra fertile e grandi città; e presso di loro dicono che si racconti come la nascita degli dèi sia avvenuta dalle parti dell'Oceano, conformemente ai mitologi dei Greci […]. Quanto alle Amazzoni, dunque, si dice che la loro regina Mirina raccolse un'armata di trentamila fanti e tremila cavalieri - che presso di loro il servizio reso dai cavalieri è in guerra straordinariamente ricercato. Come armi di difesa avrebbero usato le pelli di grandi serpenti, dal momento che la Libia presenta questi animali di incredibili dimensioni, e come armi di offesa spade e lance, nonché archi, con i quali avrebbero lanciato non solo in avanti, ma sarebbero anche state capaci di saettare nelle fughe, all'indietro, contro gli inseguitori, cogliendo nel segno".
Erodoto, in Storie.IV,191, ci ha parlato di serpenti mostruosi presenti nel territorio dei Massi-Amazzoni.
Proseguiamo con Diodoro : "Penetrate nel territorio degli Atlantii, avrebbero vinto gli abitanti della cosiddetta Cerne in battaglia, e piombate addosso ai fuggitivi dentro le mura si sarebbero impadronite della città; e volendo terrorizzare i popoli vicini avrebbero trattato crudelmente i prigionieri: gli uomini, a partire dai giovinetti, li avrebbero sterminati, i bambini e le donne li avrebbero invece resi schiavi, radendo poi al suolo la città. La notizia della disgrazia dei Cernei si sarebbe diffusa tra i popoli consanguinei: e si racconta che gli Atlantii, spaventati, consegnarono in seguito a un accordo le loro città, dichiarandosi disposti a fare tutto ciò che fosse loro ordinato; e che la regina Mirina li trattò con mitezza, concludendo un patto di amicizia e fondando, al posto di quella rasa al suolo, un'altra città con il suo nome; e in questa avrebbe stanziato i prigionieri e chi lo volesse tra gli abitanti del luogo. Dopo di ciò, poiché gli Atlantii le dettero splendidi doni e le decretarono pubblicamente grandi onori, ella avrebbe ben accolto le loro manifestazioni di affetto, annunciando che avrebbe beneficato il popolo. Ora, gli abitanti del luogo avrebbero spesso subito attacchi da parte delle cosiddette Gorgoni, […]. Mirina da parte sua dicono che invase la maggior parte della Libia, e giunta in Egitto concluse un patto di amicizia con Oro figlio di Iside, che era allora re dell'Egitto, e che combatté con gli Arabi uccidendone molti, e sottomise la Siria; e che i Cilici le andarono incontro con dei doni, acconsentendo a fare ciò che ella ordinasse, ma che lei lasciò liberi quanti volontariamente le erano venuti incontro, e questi per questo motivo ancor oggi sono detti Cilici liberi"
Qui e nel seguito Diodoro sembra dover giustificare il trasferimento in massa delle Amazzoni dalla Libia occidentale all'Europa orientale e lo fa davvero con stile.
Parte del racconto mitico sembra però nascondere le note incursioni libiche in territorio Egiziano in parte contemporanee alle scorrerie dei "Popoli del Mare" con le prime manifestazioni che hanno preceduto la guerra di Troia e quindi temporalmente in accordo col racconto Diodoreo.
Se è dubbia la storicità delle Amazzoni libiche e quindi la loro coincidenza con l'antico popolo dei Massi descritto da Erodoto, è accettata da tutti la corrispondenza Massi-Maxies, il popolo libico che, coalizzato con gli altri Popoli del Mare, mosse guerra contro l'egitto.
Una difficoltà importante è data dal fatto che la Cerne di Diodoro dovrebbe essere stata distrutta alcuni secoli prima del 1200 a.C. e aver poi cambiato nome !
L'attribuzione del nome Cerne ad una città di indigeni di quel territorio africano (sempre che quegli Atlanti fossero tali) smentisce la paternità fenicio-punica del nome e, data la persistenza degli etnici per millenni in quella stessa area, rende plausibile anche la persistenza dei toponimi e in particolare dei nomi di città : il nome dell'antica "città" di Cerne potrebbe essere sopravvissuto per centinaia d'anni.
Mettendo insieme le informazioni di Diodoro e le indicazioni di Erodoto, i fatti narrati, se mai fossero accaduti, dovrebbero essersi svolti nei pressi della piccola Sirte e lì sorgeva l'antica città africana degli Atlanti, la città di Cerne !
Le secche del golfo di Gabès sono perfette come parte terminale del viaggio di Scilace al di là di Cerne : "Oltre quest'isola non era possibile navigare: ostacoli insormontabili impedivano di avanzare, quali bassi fondali, fango e alghe pungenti"(18); sembra di sentire il disappunto di Giasone alle prese con le secche del Lago Tridonide.
E' possibile che la Cerne di Diodoro avesse qualcosa a che fare con la omonima città del Periplo di Scilace ?
Per smentire immediatamente questa ipotesi "fantasiosa" si può effettuare una semplicissima verifica andando a leggere la parte del Periplo di Scilace riguardante proprio la piccola Sirte.
Questo tratto di costa è descritto nel §110 del Periplo. In questo escursus è evidente come Scilace (l'originario compilatore del Periplo), conoscesse una sola Sirte (come in Erodoto). La citazione della piccola Sirte è dovuta ad aggiunte recenziori che la collocano maldestramente all'interno del golfo di Hammamet. Sono esplicite le parole di Peretti a tal proposito: "Il testo del §110 si può dire il più diseguale e confuso del Periplo, inquinato da corruttele e da omissioni, da apografie e da nomi di luogo travisati"(19).
Le località descritte sono davvero poche e in questa porzione di costa non compare nella descrizione neppure un etnico; si parla solamente dei libi dediti all'agricoltura. Non solo nel Periplo la piccola Sirte viene localizzata nel posto sbagliato ma insieme ad essa si descrive anche la presenza di un lago Tritone e se ne danno anche le dimensioni !
Si dà notizia della maggior pericolosità della Sirte Minore rispetto alla Maggiore: "La notizia è confermata concordemente dagli autori antichi, per i quali la Piccola Sirte era sinonimo di pericolo mortale e inevitabile naufragio"(20).
E' possibile che un'opera nella quale veniva descritta con tanta dovizia di particolari la costa atlantica dell'Africa, fosse così incompleta e confusa nella descrizione di un tratto di costa così vicina al mondo ellenico, presso il quale maturò l'opera stessa ? Il solito Peretti ci informa del fatto che per avere un'idea meno vaga e incompleta del tratto di costa compreso fra Gabès e Capo Bon bisogna giungere fino all'età romana e questo è come minimo sorprendente. C'è da sospettare che la traslazione dei luoghi mitici da quel tratto di costa all'Atlantico abbia comportato un'indebita alterazione dei resoconti di viaggio con la correzione-cancellazione di tappe prettamente Mediterranee lì dove venivano descritte realmente e il loro spostamento oltre lo stretto di Gibilterra.


Note :

9 A-mazon vuol dire in greco "senza farina"; è una delle presunte etimologie del termine "Amazzone". (torna al testo)

10 Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, Libri I-III, a cura di G.Cordiano e M.Zorat, BUR, Milano 2004, p.72 (torna al testo)

11 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 810 (torna al testo)

12 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 810 (torna al testo)

13 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 325 e segg. (torna al testo)

14 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 819-821 (torna al testo)

15 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 823-825 (torna al testo)

16 Erodoto, Storie, op. cit., vol. I, p. 825-827 (torna al testo)

17 Diodoro Siculo, Bibliotheca Historica, III, 52 (torna al testo)

18 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 374 (torna al testo)

19 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 304 (torna al testo)

20 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 324 (torna al testo)



L'ISOLA-CITTA'
DI CERNE NEL PERIPLO DEL PUNICO ANNONE

Ben altre informazioni sono fornite da un terzo documento, il cosiddetto viaggio del cartaginese Annone; descritto in lingua punica entro il tempio di Baal Ammone a Cartagine, fu trascritto in greco e quindi tramandato per vie traverse fino ad oggi. E' uno dei testi antichi che ha creato maggiori difficoltà a Sergio Frau, nel suo processo di restituzione delle prime colonne d'Ercole allo stretto di Sicilia.

2 ricostruzioni del viaggio del punico Annone
Fig.9 - Nella figura tratta da A.Peretti, sono riportate due fra le più accreditate ricostruzioni del viaggio del punico Annone: Cerne o Kerne,
così come andava letto il nome della città anticamente, è localizzata nell'estremo occidente conosciuto.

Riportiamo la descrizione del viaggio, un presunto periplo delle coste dell'Africa occidentale, facendo nostre le parole di Donald Harden: "L'unico manoscritto conservatosi non e più antico del X secolo d. C. ed è stato mutilato nel processo di copiatura dagli scribi; ma la storia è tanto interessante e dettagliata che è stata studiata e commentata in epoca moderna. La maggior parte degli studiosi accettano, in linea di massima, la storia, ma vi sono molte divergenze d'opinioni sull'identificazione dei luoghi nominati da Annone e sul punto fin dove egli era giunto. Uno scrittore contemporaneo ritiene addirittura che il testo sia in gran parte - se non interamente - falsificato. Non possiamo dargli completamente ragione in questa sua teoria, ma effettivamente bisogna ammettere che il racconto - così come lo conosciamo - è pieno d'inesattezze e di contraddizioni. Esiste, però, anche 1'ipotesi che queste inesattezze fossero state introdotte apposta nel testo reso pubblico, per confondere le idee dei rivali di Cartagine e sviarli.

Ed ecco il testo:
"Questa e la storia del lungo viaggio di Annone "re" dei Cartaginesi nelle terre libiche al di là delle colonne d'Ercole, da lui fatta iscrivere su una tavoletta nel tempio di Cronos:

  1. I Cartaginesi decisero che Annone avrebbe dovuto navigare al di là delle colonne d'Ercole e fondare città per i Libi e i Fenici. Egli partì con 60 pentere e circa 30.000 uomini e donne, provviste e altre cose necessarie.
  2. Dopo aver passato le colonne d'Ercole, navigammo due giorni e fondammo la prima città che chiamammo Timiaterion. Sotto c'era una vasta pianura.
  3. Navigando ad ovest, arrivammo a Soli, un promontorio libico coperto d'alberi. Là fondammo un tempio a Poseidone.
  4. Andando verso est per mezza giornata, giungemmo a un lago non lontano dal mare, dove cresceva una gran massa di alte canne in cui pascevano elefanti e molti altri animali selvaggi.
  5. A un giorno di navigazione da questo lago, fondammo città sulla costa, chiamate Caricon Tihos, Gytte, Acra, Melitta e Arambys.
  6. Da lì arrivammo al grande fiume Lixos che scorre dalla Libia e accanto al quale dei nomadi chiamati Lixiti facevano pascolare le loro greggi. Restammo qualche tempo con loro e diventammo amici.
  7. Nel retroterra là vicino c'erano degli Etiopi inospitali che vivevano in una regione infestata da bestie selvagge e limitata da grandi montagne. Dicono che il fiume Lixos scende giù di là e che in queste montagne vivono trogloditi dall'aspetto strano, che, secondo i Lixiti, possono correre piu rapidamente dei cavalli.
  8. Portandosi appresso interpreti Lixiti, abbiamo continuato il nostro viaggio verso sud, lungo la costa deserta per due giorni e poi per un giorno verso est, e trovammo una piccola Isola di 5 stadi (circa 1 km) di circonferenza, all'estremità di un golfo. Là fondammo una colonia e la chiamammo Cerne. A giudicare dalla strada che avevamo fatto doveva essere esattamente di fronte a Cartagine, perché da Cartagine alle Colonne e dalle Colonne fino a Cerne era la stessa distanza.
  9. Di là navigammo lungo un grande fiume chiamato Chretes e giungemmo a un lago su cui c'erano tre isole più grandi di Cerne. A un giorno di navigazione da lì arrivammo alla fine del lago, dove cominciavano altissime montagne piene di selvaggi vestiti di pelli di bestie selvagge, i quali ci gettarono delle pietre e ci cacciarono via, impedendoci di sbarcare.
  10. Facendo vela da quel punto trovammo un altro fiume pieno di coccodrilli e ippopotami. Poi voltammo indietro e tornammo a Cerne.
  11. Navigammo verso sud per dodici giorni, sempre lungo la costa abitata dagli Etiopi che non si difendevano, ma scappavano davanti a noi. II loro linguaggio era incomprensibile persino ai nostri interpreti lixiti.
  12. L'ultimo giorno gettammo le ancore vicino a delle alte montagne su cui crescevano alberi dal legno profumato e screziato.
  13. Navigammo intorno a queste montagne per due giorni e arrivammo a un immenso golfo, circondato dai due lati di grandi pianure in cui vedemmo, durante la notte, accendersi fuochi piccoli e grandi, dappertutto.
  14. Là facemmo rifornimento di acqua e poi navigammo per cinque giorni lungo le coste fino a quando arrivammo a una grande baia che i nostri interpreti chiamarono il Corno d'Occidente. In questa baia c'era una grande isola, e nell'isola un lago d'acqua salata, entro il quale c'era un'altra isola e in quell'isola sbarcammo. Di giorno non si vedeva nulla all'infuori di foreste, ma di notte si vedevano molti fuochi e si sentiva il suono di flauti, tamburi e altri strumenti, e un gran baccano di voci. Fummo presi dal terrore, e i maghi ci ingiunsero di partire da quell'isola.
  15. Partimmo in fretta e costeggiammo una spiaggia in fiamme, tutta piena di incenso ardente. Cascate di fuoco e lava cadevano giù nel mare e non ci si poteva avvicinare alla terra per via del calore.
  16. Partimmo in fretta pieni di paura e navigando per quattro giorni continuavamo di notte a vedere quella terra tutta in fiamme. In mezzo c'era una fiamma alta, più alta delle altre, che, come ci sembrava, arrivava fino alle stelle. Di giorno vedemmo che era una grande montagna chiamata il Cocchio degli Dei.
  17. Navigando per altri tre giorni lungo questa costa piena di lava incandescente arrivammo a un golfo chiamato il Corno del Sud.
  18. All'estremità di questa baia c'era un'isola, come la prima, con un lago entro il quale si trovava un'altra isola piena di selvaggi. Le donne erano in grande maggioranza, e avevano corpi pelosi: i nostri interpreti le chiamavano gorilla. Dando la caccia a questi esseri non riuscimmo a prendere nessun maschio, perché, abituati com'erano ad arrampicarsi in precipizi, riuscirono a fuggire e si difendevano gettando delle pietre. Ma prendemmo tre femmine, che mordevano e picchiavano coloro che le stavano portando, perche non volevano seguirli. Ma noi le uccidemmo e togliemmo le pelli che riportammo a Cartagine. Non continuammo il nostro viaggio perché le nostre provviste erano finite."(21)

D.Harden ci informa dell'accordo di molti studiosi nell'identificazione della gran parte dei luoghi nominati da Annone, compreso il flume Lixos, di cui si ritiene che sia il fiume Draa alla frontiera tra il Marocco e il Sahara spagnolo. La localizzazione di Cerne invece genera disaccordo e le tre proposte di identificazione più accreditate sono le seguenti

  1. L'isola di Herne, vicino al Sahara spagnolo.
  2. L'isola di Arguino, 200 miglia più a sud.
  3. Un'isola non meglio identificata vicino al delta del Senegal.

In generale tutte le proposte tendono ad ignorare le distanze proposte nel testo di Annone perché apparentemente troppo brevi, e quindi si incrementano le percorrenze immotivatamente. Voglio anticipare alcune semplici considerazioni sulle tappe del viaggio dalla XI in poi. In quest'ultima tappa è sottolineato il percorso di 12 giorni; dopo le precedenti tappe, della durata massima di tre giorni, troviamo improvvisamente una tratta lunghissima. Tutta la descrizione che segue è in diversi punti incredibile, in particolare le tappe XIV e XVIII nei passi sottolineati: mi chiedo come i naviganti punici avessero fatto a sbarcare, partendo dal mare, su un'isola all'interno di un lago contenuto all'interno di un'isola più grande. Ma se pure ne trovassimo una di isola di tali dimensioni così fatta (non esiste!) sulla costa occidentale africana (!) : Annone ne trovò due!
Ritengo, come tanti altri, che la descrizione sia attendibile fino alla tratta XI e che da lì in poi sia frutto di fantasia o dell'autore originario del racconto o del copista.
Torniamo al viaggio e alla prima parte del racconto: il passaggio oltre le Colonne d'Ercole. L'interpretazione classica sembra non fare una grinza: la flotta salpa da Cartagine e si dirige oltre lo stretto di Gibilterra.

Viaggio di Annone oltre Gibilterra
Fig. 10. Il viaggio di Annone oltre lo stretto di Gibilterra

Perché questo viaggio verso terre così lontane e così poco importanti per l'economia dell'impero punico?
Come evidenziato nella Fig.4, che rappresenta una ricostruzione condivisa dalla maggior parte degli studiosi, dell'influenza politico-economica di greci e fenici nell'antichità lungo le coste mediterranee e atlantiche, le colonie fenicio-puniche occupavano tutto il litorale nord-africano dalla Grande Sirte fino a Lixus, poco oltre lo stretto di Gibilterra. Oggi sappiamo che l'influenza punica divenne così ampia solo successivamente alla prima guerra punica e quindi molto più tardi rispetto al viaggio di Annone.
Sergio Frau riesce parzialmente a rimettere a posto le cose in tal caso; intuisce che anche le colonne d'Ercole citate nel racconto di Annone siano sicuramente da localizzare nello stretto di Sicilia. Sorge però subito un problema: per passare quelle Colonne con direzione da Est a Ovest, non posso partire da Cartagine ! E da dove partì Annone con tanta flotta composta da Libi e Fenici se non da Cartagine ?

Viaggio di Annone secondo S. Frau
Fig. 11. Il viaggio di Annone secondo il punto di vista di S.Frau con le Colonne d'Ercole sullo stretto di Sicilia

Facciamo un passo indietro e ripartiamo proprio da Sergio Frau; nel suo studio rivoluzionario sulle prime Colonne d'Ercole(22) dimostra che per gli "antichi" che gravitavano nel bacino orientale del Meditterraneo, e in particolare per i Greci, le Colonne erano posizionate sul canale di Sicilia (e più precisamente nei pressi dell'isola di Malta).
La stessa affermazione non è dimostrata né dimostrabile per i Cartaginesi, sia per le scarse informazioni geografiche che ci hanno tramandato (e sempre con filtri greci o latini), sia perché le poche volte che c'è un loro riferimento a queste non sembra senza problemi la proposta corrispondenza Colonne-Canale.
Concentriamo l'attenzione su un aspetto importante nelle descrizioni geografiche ma normalmente poco esaminato dagli studiosi, qual'è quello dell'orientamento e degli assi cardinali di riferimento. Gli egiziani interpretavano la loro geografia in modo diverso da come lo facciamo noi oggi: ponevano il delta del Nilo a sud (basso Egitto) e le sorgenti del nilo a Nord (Alto Egitto). Questo vale sicuramente anche per i primi Romani : basta osservare la cartina della Fig.12 tratta da Ettore Pais(23).
I romani, nell'antichità, orientavano a questo modo il mondo che li circondava, col mare Tirreno a nord rispetto a Roma. Come orientavano il mondo i Cartaginesi ? Forse alla stessa maniera degli egiziani, visti i continui rapporti sempre intercorsi fra la Fenicia, madrepatria dei punici, e gli abitanti della terra del Nilo e vista la chiara dipendenza culturale dei primi da questi ultimi.

Così gli antichi vedevano il mondo circostante
Fig.12. Così gli antichi romani vedevano il mondo circostante

Mediterraneo occidentale
Fig. 13.
Forse era questa la visione del Mediterraneo occidentale
dei Cartaginesi

E' possibile che la costa mediterranea fosse il loro sud !
Nella Fig.13 seguente è riportato un esempio di come, forse, vedevano il mondo conosciuto i cartaginesi !

Potremmo allora proporre diverse nuove interpretazioni per lo strano viaggio di Annone :

  1. Il superare le Colonne d'Ercole dei greci, avrebbe potuto, in tal caso, significare varcare il Canale di Sicilia verso est ! Ma se pure il nord e il sud, il "sopra" e il "sotto" erano opposti rispetto a come noi li intendiamo, l'est e l'ovest, da sempre legati ad alba e tramonto, non cambiano con il mutare dell'orientamento degli assi di riferimento !
  2. E' possibile che quello che ci viene descritto sia effettivamente un viaggio che si svolge verso il tramonto del sole nella sua prima parte, ma che, per il resto, ciò che viene descritto come sud in realtà fosse il nostro nord. I Lixiti ad es. potrebbero ricordarci i Lusitani. E' questo l'unico popolo occidentale il cui nome si avvicina, quasi coincide, ad esclusione del suffisso etnico molto variabile nell'antichità a seconda della lingua dell'interprete, a quello di questo popolo ricordato da Annone.

L'altro aspetto fondamentale della descrizione del viaggio, analizzato e sviluppatop invece da tutti i commentatori, è quello delle distanze.
Annone volle lasciare ai posteri il ricordo della sua impresa, ritenuta tanto importante da meritare la trascrizione nel tempio del Saturno Cartaginese. Abbiamo visto che secondo alcuni critici la descrizione potrebbe essere buona parte frutto di invenzione, con possibili diverse finalità.
Se accettassimo l'attendibilità del racconto dovremmo anche provare a metterci nei panni di Annone. Immaginiamolo vicino allo scriba, nell'atto di trasmettere questa sua eroica impresa: difficilmente avrebbe potuto fare opera perfettamente obiettiva e qualche esagerazione gli sarà scappata. Ancor più la mano scappava agli scribi, nell'antichità, che difficilmente si astenevano dall'esaltare le imprese dei loro re o del loro popolo.
Perché allora in questo resoconto di viaggio dovremmo ritenere che le percorrenze siano state tramandate volutamente in numeri di giornate in difetto rispetto al reale ? Questa circostanza non può essere accettata e ritenere, come propone qualcuno, che le informazioni fossero sostanzialmente corrette ma volutamente alterate in alcune parti, non è condivisibile.
Proviamo allora a capire, prendendo per buona la descrizione, quali siano state approssimativamente le distanze percorse. Per farlo dobbiamo proporre delle ipotesi attendibili sulle velocità sostenute durante il viaggio: "Egli partì con 60 pentere e circa 30.000 uomini e donne, provviste e altre cose necessarie"… si tratta di navi veloci, da guerra più che per imprese coloniali, che secondo alcuni però sarebbero state costruite per la prima volta dai Siracusani alcuni secoli dopo l'impresa di Annone. E' possibile che il copista abbia interpretato a modo suo il nome dell'imbarcazione. In ogni caso, seppure furono utilizzate imbarcazioni veloci, l'importanza del viaggio e la qualità e quantità del "carico" (500 persone con vettovaglie e materiali vari da costruzione su ciascuna nave), imponevano una navigazione totalmente priva di rischi, a poca distanza dalla costa vista anche la natura esplorativa del viaggio e conseguentemente uno svolgimento esclusivo nelle ore diurne. Questo fatto comporta delle percorrenze ridotte, paragonabili a quelle delle grandi navi puniche da carico. Un'indicazione a questo proposito l'abbiamo da Giorgio Martinat il quale ci informa che le navi da carico fenicie, pesanti e tozze, che gli antichi autori chiamano gauloi, è difficile che avessero una velocità superiore ai due, tre nodi : vuol dire che, in ventiquattr'ore, potevano coprire un percorso al massimo di cento chilometri(24).Se si viaggia solo di giorno le percorrenze sono ancora inferiori e approssimativamente si dimezzano ! Cinquanta chilometri o 60 o 70 sono davvero ben poca cosa rispetto alle percorrenze che tutti hanno immaginato interpretando il viaggio di Annone. La stessa informazione, in maniera esplicita, è fornita dal Periplo di Scilace per alcune tratte di viaggio lungo il Mediterraneo, dove "di solito una giornata di navigazione corrisponde a trenta miglia"(25) : nel § 109 il circuito Sirtico secondo lo pseudo Scilace misura 7 giorni e 7 notti e la Grande Sirte misura 760 km lungo la via litoranea. Ripercorriamo quindi le varie tappe e proviamo a capire le relative percorrenze, usando come base la successione già descritta in D.Harden.

  1. dopo le colonne d'Ercole due giorni di navigazione: dai 100 ai 200 km, direzione (?).
  2. non è specificata la durata della navigazione. Questo dimostrerebbe l'esiguità della stessa: mezza giornata ad es. circa 25 km, direzione ovest.
  3. mezza giornata, 25 km direzione est.
  4. Un giorno di navigazione 50 km, direzione (?).
  5. non è specificata la durata della navigazione. Questo dimostrerebbe ancora l'esiguità della stessa: al massimo mezza giornata circa 25 km, direzione (?).
  6. Due giorni di navigazione, 100-200 km, direzione sud.
  7. Un giorno di navigazione, 50-100 km direzione est; Cerne; posizione di fronte o opposta a Cartagine.
  8. Dodici giorni, sono descritti continui contatti con gli indigeni e quindi sbarchi giornalieri; massimo 600 km, direzione sud.

Possiamo fermarci qui per ora e proviamo a dare una concreta interpretazione in termini di percorrenze complessive. Accettiamo anche come buona la partenza della tratta II del viaggio dallo stretto di Gibilterra e riportiamo lungo la costa africana le percorrenze suesposte, nei limiti superiori (percorenze massime). Nella carta in Fig.14 abbiamo rappresentato il termine di ogni tappa con un punto rosso : si arriverebbe così a Cerne poco a sud di Safi, a 170 km di distanza da Agadir, 100 km a sud del Capo Cantin, a metà della costa Atlantica marocchina !


Fig.14. Percorrenze presunte del viaggio di Annone oltre lo stretto di Gibilterra

Un raffronto con la Fig.9 rende l'evidenza dello sforzo degli interpreti moderni di allungare il viaggio di Annone ben oltre il ragionevole.
La stessa Fig.14 dimostra anche come il punto d'arrivo non è sicuramente distante dallo stretto quanto da questo dista Cartagine, e non è neppure posto sullo stesso parallelo, come vorrebbe una possibile chiave di lettura. Non ha alcun senso spostare di centinaia di chilometri più a sud il viaggio in questione.
Cerne ad esempio, nella sua localizzazione più settentrionale, disterebbe dal limite da noi determinato, oltre 500 km ! E poi, fatto altrettanto e ancor più importante, abbiamo totalmente ignorato le indicazioni sull'orientamento e la direzione delle tratte di navigazione !
La costa descritta nel viaggio di Annone, se esiste come tale, non è quella che è stata presa in considerazione fino ad oggi !
La soluzione che prevede l'inversione nord-sud, molto suggestiva, crea nuovi problemi; nel testo si parla più volte di territorio libico; non è una reale difficoltà laddove si pensi che per alcuni geografi dell'antichità il Rodano segnava il confine fra Europa e Libya e quindi, conseguentemente, l'attuale penisola Iberica faceva parte della Libya. Si parla però di Etiopi, regioni desertiche, coccodrilli e ippopotami... tutto questo porta ad escludere la possibilità che il viaggio descritto si sia svolto nelle coste Iberiche oltre lo stretto di Gibilterra.

Per tentare qualunque altra interpretazione dovremmo imporre una nuova posizione per le Colonne d'Ercole.

Cercando di ridare credibilità al nostro sforzo chiediamoci se una ricerca dei territori del viaggio di Annone a Est rispetto a Cartagine sia in qualche modo da prendere in considerazione.
Dovremmo forse riformulare la domanda come segue: "qualora i Cartaginesi, intorno al VI sec. a.C. avessero voluto fondare delle colonie, per ampliare la loro sfera d'influenza economica-commerciale nel mondo conosciuto, verso quale territorio si sarebbero rivolti ?"
A ovest sicuramente, per rafforzare quelle rotte verso la penisola iberica o il nord Africa in generale. Ma è della fine del VI sec. a.C., ci raccontano, la conquista della Sardegna e solo più tardi di Ibiza e delle coste sud-orientali dell'attuale Spagna. Tutta la costa nordafricana, da Utica allo stretto di Gibilterra, non è certo così ricca di insediamenti punici e sicuramente non sono tanti quelli per i quali si può provare una dominazione punica antica, prima del III-IV sec. a.C.
Perché i cartaginesi avrebbero dovuto intraprendere una missione con così forte dispendio di energie e uomini per creare colonie mai documentate con certezza, forse mai esistite e del tutto improbabili già a prima vista ?
Perché, di fronte ad un sempre più forte interesse greco nei confronti delle coste libiche, Cartagine avrebbe dovuto rivolgere tante attenzioni verso l'ovest e non coprirsi le spalle ad est ? La fondazione di Cirene e di altre colonie greche in nord Africa rischiava di tagliar fuori Cartagine dai traffici commerciali fra l'occidente Mediterraneo, l'Egitto e l'Asia minore.
Quando Cartagine si volse alla conquista delle coste Africane ad oriente ? E' noto come la città nuova dei Tirii avesse intrapreso una politica di tipo imperiale proprio durante il VI sec. a.C.: la Sicilia occidentale, per il vitale controllo del canale; l'antica Tripolitania, per limitare l'espansione greca, molto attiva in Africa, almeno nelle intenzioni, proprio nel VI sec. a.C.; l'Eldorado Sardegna, il complemento di tutto ciò che necessitasse a Cartagine, compreso il controllo delle vie mediterranee occidentali verso l'Iberia e la Provenza.
Perché le lontane terre dell'Africa occidentale ? E perché lo avrebbe fatto, allontanando 30.000 persone, mentre perdeva, in quegli stessi anni, tante vite umane nelle guerre di conquista ? E se quel viaggio facesse parte delle campagne di conquista ben conosciute ?

Proviamo a immaginare infatti questo viaggio svolgersi oltre le prime colonne d'Ercole e lungo la costa Africana : verso Est quindi; questa parte di mondo possiede molte delle caratteristiche, sia fisiche che di popolazione, che vengono descritte nel viaggio di Annone.
Un primo riscontro lo abbiamo trovato nella seguente Fig.15, leggiamo chiaramente, lungo il litorale tunisino, nella parte meridionale dell'attuale golfo di Hammamet, Themetra : la Timiaterion a due giorni di navigazione dalle Colonne. La vicinanza tra i nomi stavolta è davvero sorprendente e se localizziamo le Colonne d'Ercole non nei pressi di Malta ma là dove Africa ed Europa sono finalmente una di fronte all'altra, e visibili l'una dall'altra, promontorio Ermeo-capo Bon da una parte e promontorio Lilibeo dall'altra, anche le distanze tornano !
Poseguiamo col racconto richiamando i passi salienti: "III. Navigando ad ovest, arrivammo a Soli, un promontorio libico coperto d'alberi. Là fondammo un tempio a Poseidone"
Incontriamo poco oltre, verso sud-est, il promontorio con l'attuale Monastir (Ruspina in Fig.15); ancora oltre, lungo la stessa direzione, si incontra il promontorio con Thapsus; quest'ultimo sembra corrispondere maggiormente alla descrizione, soprattutto per quello che segue.

Centri commerciali di Cartagine
Fig. 15. I Centri commerciali di Cartagine nel 149 a.C.
(da G. di Vita - Evrard, La fossa regia et les diocèses d'Afrique proconsulaire, in AA.VV.,
L'Africa Romana - atti del III convegno di studio, Sassari 13-15 dicembre 1985,
a cura di A. Mastino, Gallizzi, Sassari 1986, p. 55
)

"IV. Andando verso est per mezza giornata, giungemmo a un lago non lontano dal mare, [...] canne […] elefanti e molti altri animali selvaggi"
E' la descrizione di un viaggio o via terra o fluviale... il lago potrebbe essere uno degli attuali :
1) Sebkhet Halk El Menzel, sul mare poco a sud del promontorio con Hergla 2) S.et Kelbia, posto a oltre 20 km dal mare
3) S.et de Sidi El Hani, posto chiaramente ad ovest rispetto alla costa. E' in effetti troppo lontano, a oltre 30 km in linea d'area. Il lago in questione sembra invece essere molto vicino alla costa
4) S.et Moknine, distante pochi chilometri dal mare e dal promontorio di Thapsus.

"V. A un giorno di navigazione da questo lago, fondammo città sulla costa, chiamate Caricon Tihos, Gytte, Acra, Melitta e Arambys".
Dei nomi di località costiere presenti in Fig.15, nessuno somiglia a questi. Sull'isola Gharbi, dell'arcipelago di Cercina, esiste oggi il centro di Melita. Queste località sono però poste troppo a sud. Probabilmente si trattava di centri primari fondati nell'area compresa fra Leptis Minor e Sullecthum.

"VI. Da lì arrivammo al grande fiume Lixos che scorre dalla Libia e accanto al quale dei nomadi chiamati Lixiti facevano pascolare le loro greggi[…].
VII. Nel retroterra là vicino c'erano degli Etiopi inospitali che vivevano in una regione infestata da bestie selvagge e limitata da grandi montagne. Dicono che il fiume Lixos scende giù di là e che in queste montagne vivono trogloditi dall'aspetto strano […]"
Il primo corso d'acqua importante che incontriamo provenendo da nord, che sbocca a mare entro il golfo di Gabès, è il fiume El Leben che ha le sorgenti nel monte Majoura (874 m s.l.m.). Un suo ramo sorge dai vicini monti di Gafsa, sbocca sul lago Sebkhet En Noual e da lì fino al mare. Questo corso d'acqua consente di raggiungere in 30 km di percorso le propaggini verso est della catena montuosa le cui cime a meno di 100 km dal mare superano i 1.100 m d'altezza. I monti dell'Atlante per gli antichi cominciavano là dove finivano le sabbie del deserto. Questo corso d'acqua è però troppo a sud rispetto alle località finora esplorate. Il fiume in questione potrebbe invece essere qualcuno fra quelli che sfociano a mare nell'area precedentemente indicata compresa fra Thapsus e Acholla.
"VIII. […] abbiamo continuato il nostro viaggio verso sud, lungo la costa deserta per due giorni e poi per un giorno verso est, e trovammo una piccola Isola di 5 stadi (circa 1 km) di circonferenza, all'estremità di un golfo. Là fondammo una colonia e la chiamammo Cerne. A giudicare dalla strada che avevamo fatto doveva essere esattamente di fronte a Cartagine, perché da Cartagine alle Colonne e dalle Colonne fino a Cerne era la stessa distanza" Proseguiamo verso sud : un'isola di dimensioni simili (in realtà oltre 2 km di diametro), esiste lungo il litorale tunisino e si chiama oggi isola Kneiss. Il nome attuale ricorda molto quello di Cerne anche se non sappiamo in antico quale fosse il nome per i latini.
La parola Cerne deriverebbe dal punico Herne col significato di "limite estremo".
Quest'isola non sembra avere nulla di particolare e associabile alla Cerne di Annone se non le dimensioni e la posizione lungo la costa che stiamo esplorando.
Abbiamo sottolineato una frase che scorre sempre rapida nella lettura ed ha una interpretazione ovvia e immediata : distanza Cartagine-colonne=distanza colonne-Cerne... tutto bene se ignorassimo il resto della frase... cosa vuol dire infatti che Cerne doveva esser posta esattamente di fronte a Cartagine ? La cosa può essere interpretata in vario modo e non si accorda comunque alla prima indicazione geografica. "Di fronte" o "opposta" a Cartagine potrebbe voler dire dall'altra parte del continente africano, come interpretano alcuni; non coinciderebbero però le distanze. Conseguentemente si dà più importanza alla prima indicazione e si trascura, si ignora proprio, la seconda. Ma è proprio quest'ultima ad essere fondamentale, altrimenti sarebbe stata evitata. E' più sospetta la prima: qual'era la parola in punico che è stata tradotta come distanza (con un tramite greco che per altro non conosco)....non è che si parlava di scostamento longitudinale ?
Ci viene incontro un'informazione trasmessaci da Plinio ("Storia Naturale" libro VI, 199) : "Secondo Polibio Cerne si trova a 8 stadi al largo dell'estrema punta della Mauritania, di fronte al monte Atlante; secondo Cornelio Nepote(26), invece, essa è situata sullo stesso meridiano di Cartagine a una distanza di un miglio dalla terraferma, e non supera le 2 miglia di circonferenza"
L'informazione che pone Cartagine e Cerne sullo stesso meridiano sembra combaciare perfettamente con quanto riferito nel resoconto di Annone : se infatti al posto di "distanza" in quest'ultimo leggiamo "scostamento longitudinale", come già suggerito sopra, ne consegue la coincidenza delle informazioni !
Mentre la latitudine era facilmente determinabile nell'antichità, molto più che le misure di distanza, la misurazione della longitudine rappresentava un enorme problema e ne sono testimoni le carte tramandateci, a partire da quelle Tolemaiche. Sappiamo ben poco però dei sistemi di misurazione punici ed è possibile che questi, date le loro capacità di navigazione in alto mare, avessero ideato dei sistemi di misurazione della longitudine molto avanzati.
"E' risaputo come i Fenici in generale seppero assimilare e applicare alla nautica le conoscenze di astronomia, geografia e cartografia della civiltà mesopotamic; gli stessi Greci affermavano di aver appreso dai Fenici l'uso delle stelle per orientarsi sul mare e il poeta ARATO, nei suoi Phaenomena (III sec. a.C.), riporta che i Fenici governavano le loro navi osservando l'Orsa Minore : era una costellazione meno apparente ma offriva un riferimento più preciso dell'Orsa Maggiore, che veniva invece usata dai marinai greci per individuare il Nord Celeste. Erodoto dice che i Greci appresero dai Fenici l'uso dello gnomone e Strabone asserisce che a Sidone si studiavano a fondo aritmetica e astronomia, applicate rispettivamente alle attività commerciali e alla navigazione.
Nessun documento cartografico fenicio è giunto fino a noi, anche se è molto probabile che ne siano stati prodotti, e sicuramente l'influenza di quegli antichi navigatori sulla successiva cartografia greca fu ben maggiore di quanto le testimonianze storiche non lascino supporre
."(27)

Isola di Cerne
Fig.16.
L'isola di Cerne del punico Annone potrebbe coincidere con l'attuale isola di Khneiss, nel golfo di Gabès

Se Cerne allora era posta sullo stesso meridiano di Cartagine dovremmo andarla a cercare nei pressi degli attuali stati del Camerun o del Gabon se seguissimo la tradizionale interpretazione del viaggio di Annone.
Sul percorso da noi proposto, l'unico che consente di raggiungere tratti di costa con uguale latitudine di Cartagine (escludendo l'inverosimile periplo del continente africano), l'isola con le dimensioni e distanza dalla costa descritta da Cornelio Nepote, posta nello stesso meridiano di Cartagine, è proprio quella di Kneiss !

"IX. Di là navigammo lungo un grande fiume chiamato Chretes e giungemmo a un lago su cui c'erano tre isole più grandi di Cerne. A un giorno di navigazione da lì arrivammo alla fine del lago, dove cominciavano altissime montagne piene di selvaggi vestiti di pelli di bestie selvagge, i quali ci gettarono delle pietre e ci cacciarono via, impedendoci di sbarcare.
X. Facendo vela da quel punto trovammo un altro fiume pieno di coccodrilli e ippopotami. Poi voltammo indietro e tornammo a Cerne
"
Non so come i Punici chiamassero il lago Tritonide e il fiume Tritone; qui, col viaggio, siamo arrivati in questi pressi. Le caratteristiche del territorio odierno non rispecchiano le condizioni geografiche del VI se. a.C.; le depressioni degli Chott non erano tali in tempi remoti : erano dei laghi comunicanti con il mare, quasi dei bacini di mare interni. Col tempo quelle regioni sono diventate sempre più aride ma non conosciamo la reale situazione di quei bacini nel VI sec. a.C.
Il lago più vicino alla nostra Cerne è il Sebkhet en Noual, raggiungibile in antichità attraverso i corsi d'acqua che sfociano in mare proprio di fronte all'isola di Khneiss.

Abbiamo già detto cosa pensiamo della descrizione che segue: siamo portati a considerare inverosimile questa seconda parte di viaggio: di punto in bianco i protagonisti decidono di stare 12 giorni in mare senza toccare terra, in un tratto di costa abitato e da gente non ostile! Davvero uno strano comportamento. Il seguito del viaggio è una specie di racconto del paese delle meraviglie, senza più fondazione di città né di seri contatti con gli indigeni... sembra tutto inventato !
Per concludere, se abbiamo interpretato bene le cose, il viaggio di Annone descrive la prima importante esperienza coloniale punica. Ecco il perché della sua consacrazione nel tempio di Baal Ammon.

Viaggio di Annone fino a Cerne
Fig.17. Il vero viaggio di Annone fino a Cerne

Il percorso che abbiamo tracciato in blu nella Fig.17 ha uno sviluppo di circa 370 km che corrispondono esattamente alla via percorribile in 7 giorni e mezzo a una velocità pari a 50 km/giorno.
La Cerne di Annone che abbiamo ricollocato lungo la costa della piccola Sirte, in quel territorio popolato dai Libici agricoltori secondo Erodoto, sembra ricordare l'omonima città di Scilace. L'isola di Kneiss è circondata da bassi fondali, praticamente impossibili da percorrere : ecco il limite della navigazione, immaginario, coma abbiamo detto, se localizzassimo la Cerne di Scilace nell'Atlantico, reale e concreto qui, nella porzione di Mediterraneo più sconosciuta per i Greci.
Questa Cerne potrebbe tranquillamente coincidere anche con quella incontrata nel mito sulle Amazzoni di Diodoro Siculo, localizzata nei pressi del lago Tritonide, laddove Erodoto conosce la tribù dei Maxi.


Note :

21 D.Harden, I Fenici, trad. I.Giorgi Algerti, Il Saggiatore, Milano 1964, pagg.187-190
(torna al testo)

22 S. Frau, Le Colonne d'Ercole un'inchiesta, Nur, Roma 2002 (torna al testo)

23 E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano, Ilisso, Nuoro 1999 (torna al testo)

24 G. Martinat, Prua all'ignoto oltre il limite di Ercole, nella pubblicazione Ecco i Fenici, supplemento a "La Stampa", n° 48 del 3 marzo 1988, p. 27 e seguenti (torna al testo)

25 E.T.Salmon, Il Sannio e i Sanniti, G. Einaudi, Torino 1985, p.40 (torna al testo)

26 Autore latino del I sec. a.C. (torna al testo)

27 Estratto da : www.forum.maricosom.net (torna al testo)



Gli Atlanti costruttori di Cerne

Il risvolto di questa scoperta è uno degli obiettivi taciuti finora ma principali della ricerca: dove abitavano gli Atlanti di cui parla Diodoro Siculo, gli stessi forse descritti da Erodoto, localizzati nelle stesse regioni ? E tali Atlanti hanno qualcosa a che vedere con i più celebri Atlantidi del Crizia e del Timeo di Platone ?
Gli Atlanti di Diodoro sono interpretati come gli abitanti della zona della catena dell'Atlante rivolta verso l'oceano Atlantico e per tale motivo vengono ubicati nelle terre dell'attuale Marocco. Così facendo si risolve in un sol colpo anche un secondo problema, contenuto in un passo di Diodoro Siculo e che qui ripropongo:
"[…] gli Atlantii [sono] gli uomini più civili tra gli abitanti di quei luoghi, che occupavano una terra fertile e grandi città; e presso di loro dicono che si racconti come la nascita degli dèi sia avvenuta dalle parti dell'Oceano, conformemente ai mitologi dei Greci […]."
L'interpretazione tradizionale di questo passo è la seguente : la nascita degli dèi per gli Atlanti sarebbe avvenuta presso di loro !
Ma l'informazione di Diodoro non è questa. Ci si riferisce ad un altro luogo, altrettanto incerto come localizzazione come il luogo in cui si favoleggiava della nascita degli dèi greci : dalle parti dell'Oceano indica un Eden di incerta localizzazione al di là del mare; risulterebbe superfluo altrimenti il riferimento all'Oceano.
Un Eden perché gli dèi di questa popolazione libica vanno interpretati così come gli dèi di tutti i popoli che nell'antichità gravitavano attorno al Mediterraneo e non solo: erano gli eroi patriarchi, uomini divinizzati, così ricordati o con riferimento a gesta ritenute straordinarie o perché portatori di cultura e conoscenze nuove: i civilizzatori.
Tali Atlanti libici quindi potrebbero essere i discendenti di antichi coloni originari di quella terra dalle parti dell'Oceano. E dato che questo mare per lungo tempo nell'antichità, altro non era che la porzione occidentale del terzo bacino del Mediterraneo, presumibilmente distinto dall'Atlantico, il mare al di là delle colonne d'Ercole e quindi sostanzialmente coincidente con l'attuale Mar Tirreno, quella terra potrebbe essere l'antica Sardegna.
E allora il mito rimanderebbe a tempi remoti in cui la Sardegna estendeva la sua influenza a tutte le grandi isole vicine, alle coste occidentali e meridionali della penisola italiana fino alle coste Africane dell'attuale Tunisia e in particolare fino al lago Tritonide=piccola Sirte e al fiume Tritone, con la città di Cerne a capo della Provincia libica.

Il mito del Dioniso Libico ricordato da Diodoro Siculo (Biblioteca storica, libro III, 67-73) sarebbe allora la cronaca di un dominio non accettato ma subìto dalle popolazioni libiche e che avrebbe generato moti di rivolta da lì fin nell'Isola di Crono/Saturno/Forco, come suggerito da Varrone (Varr. apud Serv. Ad Aen. V 824).

Gli Atlanti del nord Africa così descritti appaiono estranei ai popoli storici tramandati dai geografi dell'antichità. Penso invece che sia possibile dare un nome certo a questo popolo, un nome fra quelli conosciuti storicamente.
Nel mito di Diodoro Siculo il racconto sulle Amazzoni sembra originare dai Massi/Maxies. Gli Atlanti erano un popolo progredito rispetto a quelli vicini, dedito all'agricoltura, stanziato in un territorio confinante con quello dei Massi.
Gli atlanti Libici sono citati anche da Erodoto che non li conosce direttamente ma attraverso fonti imprecisate : sarebbero gli abitanti della zona del monte Atlante, definito come un monte di base ristretta, rotondo da ogni parte e altissimo; questi Atlanti : "si dice che non si cibino d'alcun essere vivente e che non vedano mai sogni"(28).
Erodoto fa ben di più; ci fornisce le informazioni per ubicare con una certa approssimazione tale popolo e questo fatto viene normalmente sottovalutato, tanto che anche questi Atlanti vengono al solito piazzati in terra Marocchina di fronte all'Atlantico. Altri autori, pochi, hanno affrontato il problema in maniera più scientifica. In Fig.18 è riportata l'interpretazione di Henri Lote della descrizione dei popoli libici presentata da Erodoto nel IV libro delle Storie.

Popolamento secondo Erodoto
Fig. 18. Immagine tratta da H.Lhote, Alla scoperta del Tassili, Il Saggiatore, Milano 1959, p. 181

Il monte Atlante è stato forzatamente trasferito verso sud-ovest, anche se Erodoto dice esplicitamente che il ciglione sabbioso ai margini del quale vivono gli Atlanti ha una distanza costante dal Mediterraneo, pari ad es. a quella degli Ammoni o dei Garfasanti, correttamente ubicati questi ultimi, nella stessa carta, grazie al riferimento Erodoteo alla città di Augila.
Gli Atlanti sono localizzati da Erodoto lungo il ciglione sabbioso a dieci-venti giorni di cammino dagli Ataranti che distano anch'essi dieci giorni di cammino dai Garamanti. Questi ultimi sono dati distanti 30 giorni di cammino dai Lotofagi. Se puntiamo il centro di un compasso su Augila con apertura tale da giungere fino all'Hoggar e lo facciamo ruotare attorno al centro in senso orario verso nord, la terra degli Atlanti si avvicina in modo inequivocabile ai margini orientali della catena dell'Atlante, in terra Tunisina, appena all'interno rispetto agli ultimi popoli nomadi lungo la costa. Gli Atlanti sono l'ultimo popolo lungo il ciglione sabbioso che Erodoto è in grado di citare verso occidente prima delle Colonne d'Ercole !
Lungo la costa invece Erodoto dopo i Massi verso occidente parla di Zavechi e di Gizanti (da leggersi Ghizanti). Abbiamo in precedenza supposto che Massi, Zavechi e Gizanti fossero popoli appartenenti alla stessa etnìa ma in realtà l'unico legame certo proposto da Erodoto è la comune usanza di tingersi la pelle di rosso. L'usanza è per altro comune nell'antichità in particolare nei cerimoniali funebri come nella finitura superficiale di statue antropomorfe o altri manufatti: il colore rosso aveva un forte e arcano significato simbolico-rituale.

Erodoto localizza i Gizanti in maniera precisa, attraverso informazioni fornite dai Cartaginesi, che li ponevano sulla costa di fronte all'isola Kiraunis/Cercina (vedi Fig.8). E' possibile che alcuni popoli libici chiamassero Atlanti quelle stesse genti che dai punici erano conosciute come Gizanti ?
I Gizanti sono ricordati anche dallo pseudo Scilace e sono citati anche da Ecateo come Ziganti. Forse anche i Bizanti di Polibio sono lo stesso popolo.
Cos'ha di particolre questo popolo ? Nello Pseudo Scilace "sono uomini biondi, di aspetto bellissimo, abitano una terra fertilissima che lavorano, ma sono anche allevatori di greggi prosperose e numerose"(29) ed era "il popolo libico più importante della costa orientale tunisina, dal momento che il suo territorio comprendeva il golfo di Hammamet e si estendeva a sud fino a quello di Gabès, se non più oltre"(30).
In epoca di dominio romano i Gizanti/Ziganti divengono Bizanti e sono presenti fin nel cuore dei monti dell'Atlante orientale. Sono loro i discendenti di sangue misto dei coloni Atlantidei ricordati da Platone ? : "In quest'isola di Atlantide vi era una grande e meravigliosa dinastia regale che dominava tutta l'isola e molte altre isole e parti del continente : inoltre governavano le regioni della Libia che sono al di qua dello stretto sino all'Egitto, e l'Europa sino alla Tirrenia"(31).
I primi e più arcaici nomi di questo misterioso popolo libico sono i più intriganti e sembrano rifarsi ad un più arcaico Giganti, con la g- iniziale velare sonora (Ghiganti) che potrebbe essere evoluta a palatale prima che tale sviluppo fosse conosciuto dai greci. In tal caso i greci come avrebbero interpretato una g- palatale ? Abbiamo testimonianze in tal senso sull'uso della Z come consonante più vicina ai fini della trascrizione di quel suono per i latini; allo stesso modo facevano i greci(32)! E' cioè possibile che quelle popolazioni libiche chiamassero se stessi Giganti già nel V sec. a.C. quando i greci pronunciavano quello stesso nome ancora Ghiganti (e così almeno per altri 5 secoli).
I Ziganti-Gizanti così potrebbero essere imparentati con i "piccoli giganti" sardi, forse discendenti di questi, dei quali alcuni nomi sono stati decifrati da Gigi Sanna nei sigilli bronzei di Tzricotu.(33)
E questi Ziganti appaiono, così come i sardi delle iscrizioni decifrate da Gigi Sanna, di etnìa mista indoeuropea-cananea, tanto che possiamo ipotizzare la coincidenza degli interpreti Lixiti incontrati dal punico Annone con i Ziganti di lingua israelitico-cananea vicina al fenicio !
KneissStudi mirati nell'area occupata dai Ziganti-Gizanti in età preromana potrebbero fornire risposte fondamentali sulla proposta coincidenza fra questa etnìa e Atlanti libici e Lixiti. Potrebbero anche dare risposte sui legami Tunisia-Sardegna in età Prepunica e quindi avvalorare o meno i racconti tramandati da Diodoro Siculo relativi a quell'area geografica.
Oggi l'isola di Kneiss e tutto il sistema paludoso che la circonda costituisce un'importante riserva naturalistica della Tunisia, quasi inavvicinabile dai visitatori. E' stata dichiarata riserva naturale nel 1993. La ricerca archeologica pare non aver ancora messo piede da quelle parti così che Cerne potrà chissà ancora per quanto tempo restare nell'immaginario degli studiosi l'isola-estremo ultimo delle esplorazioni puniche nell'Africa Atlantica.


Note :

28 Erodoto, Storie IV, 184 (torna al testo)

29 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 333 (torna al testo)

30 A.Peretti, Il periplo, op. cit., p. 338 (torna al testo)

31 Dal dialogo Timeo di Platone (torna al testo)

32 A.Traiana, G.Bernardi Perini, Propedeutica al latino universitario, Pàtron Editore, Bologna 1982, pp.33-35 (torna al testo)

33 G.Sanna, Sardoa Grammata, S'Alvure, Oristano, 2005 (torna al testo)


Mario Cabriolu




Bibliografia Essenziale

  • Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, Libri I-III
  • Erodoto, Storie, Libro IV
  • Plinio, Storia Naturale, Libro VI
  • Platone, Crizia
  • Platone, Timeo
  • S.Frau, Le Colonne d'Ercole un'inchiesta, Nur, Roma 2002
  • G.Sanna, Sardoa Grammata, S'Alvure, Oristano, 2005
  • A.Peretti, Il periplo di Scilace, Giardini editori, Pisa 1979, p. 375
  • D.Harden, I Fenici, trad. I.Giorgi Algerti, Il Saggiatore, Milano 1964

 

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