Le Tombe di Matzanni
Ho deciso di tornarci ancora. L'ultima volta che ci sono stato ero di fretta e quel luogo va visitato, vissuto con calma e con mente serena.
Anche stavolta ho evitato la comoda strada “moderna” che ti porta fin lì da Vallermosa. Volevo respirare un pò di “antico” con l'illusione di percorrere, almeno nell'ultimo tratto e con gli stessi mezzi, quella strada che rappresentava, per i miei antenati, la via della fede, della speranza; la via per Matzanni.
Partenza da Villacidro; all'uscita del paese, in direzione Cagliari, ho preso il bivio per M.ti Mannu.Ho proseguito per 2 km su strada asfaltata fino alla biforcazione: a destra per M.ti Mannu, a sinistra per S. Sisinnio. Ho seguito quest'ultima direzione.
Dopo altri 2 km ho lasciato, sulla destra, la deviazione per la chiesa di S. Sisinnio, una pregevole chiesa campestre medievale, sorta, pare, su preesistente sito nuragico.
Il Santo è importante per Villacidro e la sua chiesa sottolinea il legame storico del paese con la montagna. Suggerisco comunque una visita alla località, dove si respira davvero un'aria particolare fra gli ulivi secolari.
Altri 3 km e ho trovato a destra il bivio per la diga di M.te Arbus, che ho ignorato … ma potete fare una breve sosta per osservare lo splendido colpo d'occhio dello specchio d'acqua …. quando c'è, naturalmente! La diga, con lo sbarramento in terra battuta, raccoglie le acque del rio Leni a valle della confluenza col rio Coxinas. E' lì, in posizione mai accertata, che sorgeva il borgo medievale di Villascema , abbandonato intorno al 1300.
Fino a qui la strada asfaltata è di buona qualità, da qui in poi il fondo, ancora asfaltato, diventa pieno di buche.
Dopo poco meno di 20’ dalla partenza e dopo aver percorso circa 14 km, un piccolo cartello sul lato sinistro della strada segnala l’inizio del sentiero per Matzanni.
Poco prima del cartello è presente un’ampia piazzola, sulla destra, a 500 metri di quota, dove si può lasciare l’auto.
E’ doveroso fermarsi un attimo e osservare tutt’intorno: la diga, lo splendido bosco sottostante, la strada, brutta ma indispensabile ferita, la montagna soprastante che ha sofferto la violenza di troppi incendi e che, su questo versante, fa fatica a risvegliarsi.
foto
1: al
centro Cuccuru Nuraxi;
a sinistra uno scorcio del lago artificiale di M.te Arbus
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Le carte dell’IGM riportano, poco a valle
rispetto a questo luogo, il toponimo Genna Uraxi.
E’ in una carta mineraria dell’800 che ho trovato l’ovvia spiegazione:
in quella oltre a Genna Uraxi c’è un Cuccuru Nuraxi … il cuccuru c’è ancora
oggi e anche i resti del nuraghe, in apparenza bilobato, in posizione
davvero singolare a guardia della montagna o della via per Matzanni …
è da lì che passa la strada che dal Rio Leni porta alle tombe.
Oggi quei sentieri li chiamiamo le vie dei carbonai, perché realizzati
dai tagliatori di legna che fra ‘800 e metà del ‘900 fecero più danni
degli incendi successivi.
E’ facile pensare che i carbonai si siano serviti di sentieri già esistenti,
tenuti liberi da is crabascius prima e prima ancora dai nostri antenati
che lungo quella via, la più breve dalla valle del Leni, potevano raggiungere
l’opposta valle del Cixerri.
foto 2 :
Cuccuru Nuraxi:
sono visibili i materiali di spoglio del nuraghe
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foto 3 :
panoramica in direzione est, da Cuccuru Nuraxi |
Ho preso a salire per il sentiero, il cartello
prevede 1 h 30' di cammino.
La salita è subito mediamente
ripida e resterà tale per quasi duemila passi (dei miei naturalmente!).
Il panorama verso N-E si fa da subito
eccezionale, la valle del Campidano, la Marmilla , le Giare fino al Gennargentu,
innevato in questi giorni.
Il nuraghe , sempre sotto di
me, mi accompagna lungo tutto il cammino che dà sul versante della
valle del rio Leni.
1.850 passi dalla partenza : il passo; scomparsa
d'un colpo la valle del mio fiume il cammino si fa praticamente
piano (sarà così fino all'arrivo).
Altri 120 passi e il sentiero viene
tagliato da un strada camionabile che è il caso di ignorare… sull'altro
lato ritrovo con facilità il sentiero e finalmente un boschetto
a sughere.
foto
4 :
sorgente
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Dopo altri 200 passi giungo ad una sorgente che dà acqua abbondante: serbatoio in cemento e muretti in pietre faccia a vista la evidenziano e invogliano alla sosta. E' questa una delle tante sorgenti della zona.
Prova evidente che soprattutto qui (ma anche in tante altre parti montane dell'isola) la penuria d'acqua non ha mai rappresentato un vero problema per la sopravvivenza di uomini e animali.
Proseguo ancora e dopo 600 passi un'ampia fascia tagliafuoco interrompe il sentiero … dall'altra parte c'è l'area delle tombe.
Poste a circa 690 metri s.l.m. le Tombe di Matzanni sono in realtà tre pozzi sacri , o forse dovremmo dire un'ampia area cultuale dotata di almeno tre pozzi sacri, caso unico conosciuto in Sardegna. Sorgono in agro del Comune di Vallermosa in prossimità del limite amministrativo dei comuni di Villacidro e Iglesias.
I pozzi sono stati scavati per la prima volta dal Taramelli agli inizi del secolo scorso. Quell'intervento e l'incuria susseguente ne hanno quasi decretato la rovina: l'assenza di opere di protezione delle tholos e l'abbandono dell'area, devastata dai cercatori di tesori, hanno provocato il rapido deterioramento delle strutture.
E' in corso da diversi mesi un importante intervento di scavo archeologico che sta mettendo in luce una piccola ma significativa parte dei manufatti esistenti nell'intorno di uno dei pozzi: sentieri lastricati, muri di contenimento in pietrame …. È stata accertata la presenza di 12 capanne e speriamo di poter vedere risorgere questo villaggio che riserva sicuramente tante sorprese.
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foto
5 e foto 6 :
due immagini del pozzo sacro sul quale sono concentrate le attuali
operazioni di scavo |
Il pozzo sacro è l'edificio di culto per eccellenza della civiltà nuragica. Se ne conoscono una quarantina in tutta la Sardegna e sono presenti a nord come al centro e a sud dell'isola, senza particolari differenze costruttive.
Erano dei gioielli d'architettura che oggi possiamo ammirare soltanto nelle porzioni residue, parzialmente interrate: ogni pozzo pare fosse dotato di strutture accessorie in elevazione fuoriterra alte anche oltre 5 m.
Sono molti i pozzi che attendono di essere scoperti, probabilmente più di quanti non siano quelli conosciuti. Ho visto personalmente a Perdaxius la parte sommitale della tholos di un pozzo sacro trovato per caso durante le opere di scavo delle fondazioni del muro di recinzione del nuraghe. La realizzazione dei pozzi sacri pare risalga a non prima del XII sec. a.C. L'uso è provato per alcuni di essi, in base ai ritrovamenti effettuati, fino ad epoca romana.
E' strano come le invasioni e/o relazioni amichevoli con culture evolute abbiano lasciato pressoché inalterato questo aspetto della religiosità dei sardi: hanno praticato le loro cerimonie in quei luoghi per oltre mille anni . Solo la religione cristiana ha soppiantato quel culto e in alcuni casi lo ha fatto con chiari fenomeni di sincretismo (a S. Vittoria di Serri, a S. Anastasia di Sardara, a S. Cristina di Paulilatino ecc.).
Alcuni secoli separerebbero il periodo di massima edificazione dei nuraghi rispetto al periodo di inizio nella costruzione dei pozzi sacri . Questo fatto, aggiunto alla tecnica costruttiva e ai materiali adoperati, normalmente differenti per le due tipologie di fabbricato analizzate, rappresenta una sorta di enigma che ha coinvolto un po' tutti gli studiosi. Per alcuni questi elementi sono la dimostrazione che i costruttori dei pozzi sarebbero un popolo diverso da quello che edificò i nuraghi. Alcuni popoli, giunti in Sardegna d'oltremare, l'avrebbero conquistata con le armi, provocando la fine della civiltà nuragica (con la distruzione di molti nuraghi) e avrebbero introdotto nuove tipologie edilizie quali le capanne circolari e nuovi culti, quale quello delle acque.
Il pozzo sacro sarebbe l'ennesima acquisizione dall'oriente nel campo dell'architettura.
L'unico caso di pozzo sacro extrainsulare è quello del pozzo di Garlo in Bulgaria (incredibilmente simile a quello detto di Funtana Cobèrta a Ballao).
E' vero invece che possiamo a ragione emozionarci di fronte ai pozzi sacri di Santa Cristina, di S. Vittoria di Serri, di Su tempiesu, ecc.; così come dinanzi ai piccoli gioielli architettonici di Matzanni: sono tutti esempi di edificio cultuale a cui ci ha abituato la nostra terra ma che sono unici al mondo : non c'è nulla del genere nel resto dell'Italia, nulla nelle altre isole del Mediterraneo a cui dovremmo essere debitrici di civiltà. Dal XII sec. a.C. comincia l'età “buia” per buona parte del mediterraneo; la nostra terra invece sviluppa prodigi.
Altri due grossi problemi irrisolti, legati ai pozzi sacri, sono i seguenti:
- chi era il dio a cui era rivolto il culto delle acque
- qual'era il cerimoniale praticato all'interno o nelle aree all'esterno dei pozzi
La prima risposta per molti è ovvia: esiste ancora oggi il richiamo ad una Mamma ‘e sa Funtana, uno spirito che dimorerebbe nei pozzi.
Dice Ercole Contu :«La storiella viene oggi usata per spaventare i bambini, ma certo in origine aveva significato più serio e profondo. Significava forse una potente e temuta divinità idrologica sotterranea; una delle manifestazioni, forse, della Grande Madre (…)» ( Contu, 1998 )
E' curioso poi apprendere che in due Santuari, a Santa Vittoria di Serri e a S. Anastasia di Sardara sono state trovate delle protomi taurine scolpite in pietra, che ornavano le strutture in elevazione dei pozzi. Un simbolo che invece è quasi sempre presente è il modellino nuragico in pietra, a volte piccolo, a volte tanto grande da costituire un altarino (anche a Matzanni ne è stato trovato uno, custodito nel piccolo museo archeologico di Villacidro). Secondo alcuni sarebbe anch'esso la rappresentazione della divinità maschile (un'evoluzione recente, più elaborata, delle pietre fitte )¹.
E' indubbia la natura femminile della divinità legata al culto delle acque (molti pozzi sacri sorgono su aree consacrate a delle Sante), ma fra i simboli pienamente riconoscibili ritrovati nell'ambito dei pozzi c'è il toro , tipicamente maschile, e forse l'altrettanto maschile modellino nuragico. E' facile allora affidarsi alle scoperte del prof. Gigi Sanna e ammettere che i sardi nuragici seguissero una religione monoteista, con un unico dio che aveva in sé nel contempo l'elemento maschile e quello femminile.
Vogliamo infine soffermarci un attimo sul nome
della località: cosa significa Matzànni? Sembra composto da Màtza
(massa, budella) + nì (neve) e in effetti lassù la neve vi abita
spesso d’inverno. La pronuncia attuale sembra non giustificare tale origine.
Abbiamo cercato in zona toponimi simili: nel fluminese esiste una località
detta Matzàmi (s’arroia de- e sa punta de-).
Matzàmi deriva da Matzàmini = interiora di animale in
genere. Da Matzàmi a Matzànni il passo è davvero breve,
non solo graficamente.
E’ immediato il richiamo a qualcosa che abbiamo letto sui pozzi sacri:
in alcuni di questi sono state trovate delle pietre lavorate con chiara
funzione di pietre sacrificali (bordo in rilievo, fori passanti,
scanalature). I tantissimi bronzetti votivi o oggetti di vario tipo rinvenuti
nei pozzi e nelle aree limitrofe testimoniano l'uso dell'offerta
alla divinità e in tutte le principali religioni mediterranee l'offerta
più alta era la vita stessa di un essere vivente,di norma un
animale. I sacrifici in cambio di qualcosa: la guarigione da mali fisici
o l'espiazione di colpe terrene.
Le fonti classiche (Solino, Prisciano e Isidoro di Siviglia ) ci raccontano
di un cerimoniale che si svolgeva con le acque termali e verosimilmente
anche in tutti i pozzi sacri: una sorta di processo con giudizio divino.
Il colpevo¬le di furto che si fosse bagnato con quest'acqua diventava
cieco, l'innocente beneficiava di una vista migliore.
foto 7 :
i resti del tempio fenicio a Matzanni
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foto 8 :
altra immagine dei resti del tempio fenicio
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La singolarità del luogo che stiamo descrivendo
è dovuta anche alla presenza di un “Tempio Fenicio”, come è detto
nella carta dell’I.G.M. Sono i resti di un edificio a pianta rettangolare,
di piccole dimensioni, per buona parte crollato. Era costruito con tecnica
isodoma con blocchi di calcare portati presumibilmente dall’area Cagliaritana.
Si trova a 724 m s.l.m., in posizione che dire panoramica è davvero limitativo:
pur così piccolo, col suo colore bianco candido, doveva essere visibile
dall’entroterra di Cagliari fino all’aria di Barbusi e oltre.
Il tempio sembra esser stato deliberatamente demolito sul posto però qualcosa
non torna: mancano tracce della copertura e forse le pietre sono poche
rispetto a quelle necessarie per dare altezza al manufatto….potrebbero
mancare dei pilastri (se non colonne), forse esistenti e poi asportati,
quale parte più pregevole della struttura per essere trasportate altrove….chissà!
Resta comunque un mistero questo tempio costruito a poco più di cento
metri di distanza dall’area dei pozzi in un’età in cui questi ultimi erano
probabilmente ancora utilizzati a scopo di culto.
La sua costruzione è oggi attribuita unanimamente ai Cartaginesi. A seguito
della sua scoperta e fino alla seconda metà del secolo scorso si è dibattuto
sulla possibilità che tale struttura fosse fenicia e non punica. Il dubbio
in realtà permane perché non abbiamo prove certe che avvalorino l'una
o l'altra tesi. La teoria fenicia può essere sostenuta con molta difficoltà,
data la posizione così alta e distante dai piani costieri che sarebbero
stati sotto l'influenza dei coloni levantini.
foto 9 :
panoramica con al centro i resti del tempio fenicio
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L'una o l'altra teoria esclude la
possibilità che un archeologo dell'età nuragica si occupi oggi di questo
edificio.
Il mondo dell'archeologia isolana, ha creato una spartizione per aree,
non solo geografiche (Sulcis, Nora, Tarros, e così via), ma anche tematiche
(prenuragico, nuragico, fenicio-punico, romano, ecc.) delle emergenze
archeologiche esistenti.
Una volta attribuito un certo sito archeologico ad una "cultura", diviene
argomento riservato!
Difficilmente vedremo mai uno scavo sul piccolo tempio di Matzanni, così
distante da Cagliari, Nora, Sant'Antioco, Tarros ... i capisaldi della
ricerca fenicio-punica in Sardegna.
Eppure quel tempio, se davvero fosse opera dei Cartaginesi, solo per questo, data la sua posizione, meriterebbe l'impegno di una piccola campagna di scavi.
Qualche dubbio su chi realmente lo abbia edificato ce l'abbiamo. E' vero, non ha nulla a che fare con l'architettura dei pozzi sacri; sono stati impiegati materiali del tutto differenti; mostra una tipologia planimetrica e costruttiva estranea al mondo nuragico ... Il punto è che le precedenti affermazioni sono vere solo in parte.
A Santa Vittoria di Serri, in uno dei più grandi complessi cultuali nuragici dell'isola, oltre al pozzo esistono i resti di una costruzione a pianta rettangolare, il cosiddetto tempio ipetrale (che però pare non fosse tale). Nella stessa località sono state ritrovate colonnine e capitelli decorati, nell'atrio del pozzo sacro.
A Monti Prama (Cabras-Oristano), insieme alle grandi statue di guerrieri furono trovati capitelli e colonne di ottima fattura appartenenti presumibilmente ad un edificio colonnato a pianta rettangolare.
Capitelli rettangolari sono stati trovati a Monte Zara (Monastir-Cagliari).
Per tutti questi edifici o resti di edifici è certa la realizzazione da parte dei sardi nuragici. Abbiamo ulteriore testimonianza di edifici a pianta rettangolare per l'età nuragica grazie a due bronzi dove, accanto al modellino di nuraghe è riprodotto un piccolo edificio rettangolare con copertura a falde contrapposte.
Ecco perché vorremmo che si scavasse dentro e intorno al tempio fenicio-punico di Matzanni!
foto 10 : scorcio
di panorama visibile dal tempio fenicio |
foto 11 :
vista verso E-NE dal pianoro dove sorgono le tombe di Matzanni
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Si è fatto tardi. Sulla via del ritorno mi fermo
ancora un attimo nell’area dei pozzi: il piccolo villaggio giace su un
pianoro riparato da maestrale e, nonostante la posizione così alta, seminascosto,
tutto il contrario rispetto al vicino “tempio fenicio”. Sotto di me, verso
E-NE, si apre il canale di Gutturu Mannu, che rappresenta l’unica vera
finestra verso il mondo circostante e che si apre sul Campidano. Devo
ammette di esser stato bene, di aver provato la solita emozione e stupore
di fronte a queste opere, frutto di antichi artisti, ma di non aver colto
nulla di profondamente spirituale e di non aver sentito alcuna
presenza.
foto 12 :
dentro il pozzo ..... una presenza
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Anche questo
luogo porta con se delle Maledizioni e l'ho scoperto solo dopo
esser rientrato a casa: mia madre mi ha raccontato di come suo nonno,
quando lei aveva meno di cinque anni, le avesse riferito di alcuni fatti
strani legati alle tombe di Matzanni. Pare che il mio bisnonno non le
avesse mai visitate, tanto che non sapeva neppure cosa fossero queste
tombe; conosceva però alcune persone che, andate lì di notte
alla ricerca di tesori, rientrate a mani vuote, terrorizzate, erano morte
di lì a poco. La stessa fine pare fosse toccata anche ad un amico
del mio bisnonno che lo aveva inutilmente invitato, con insistenza, a
tentare con lui quell'avventura.
Strana superstizione, un estremo richiamo
al rispetto per quel luogo che forse nasconde la vera natura del rito
antico … la paura di essere giudicati e di esserlo da una divinità
tanto infallibile quanto giusta e quindi spietata … Ecco perché
non ho sentito quel qualcosa e non ne ho neppure visto l'immagine
..... neppure mentre la fotografavo!
Mario
Cabriolu
¹Qualcuno
nega che si tratti di rappresentazioni dei nuraghi : essendo i costruttori
dei pozzi sacri gli autori della fine della civiltà nuragica, non
è possibile che loro avessero come oggetto di culto delle sculture
che erano il simbolo della precedente civiltà !
Il pregevole modellino in pietra di San Sperate, come quello di Villacidro
e come i tanti altri, anche in bronzo trovati in tutta l'isola, sono riproduzioni,
a volte fedelissime, di nuraghi! (torna
al testo)
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