Sono in molti oggi a sostenere che Tartesso
non fosse il nome di una città (quindi di un abitato con limiti ben
definiti), ma un territorio più o meno ampio.
Alcune tra le più antiche attestazioni del nome infatti non fanno esplicito
riferimento ad una città. A questo proposito è ancora l'Ora Maritima
di Avieno l'opera da cui si attinge maggiormente per ricercare
una qualche rispondenza geografica con i territori del basso Guadalquivir.
L.Antonelli, nella sua analisi stratigrafica del testo avieneo,
nota come, nel nucleo arcaico (VI sec. a.C.) su cui è basata l'opera
:
"la fonte di Avieno non menziona alcun centro abitato con funzione
eponima, che si qualifichi come autentico nucleo economico e commerciale
del territorio"(1);
e più oltre: "Il fiume, e non una città,
si rivela perciò elemento caratterizzante
del paesaggio [...] Al nome di Tartesso sono inoltre collegati
altri elementi paesaggistici, tutti in
ogni caso privi di qualsiasi riferimento ad una realtà urbana centrale
ed eponima e dunque presumibilmente risalenti ad antiche informazioni
sul territorio"(2),
si tratta dello stretto tartessico, delle
rive tartessiche, del golfo
tartessico, del monte tartessico,
dell'isola dominata dai tartessi e del
confine dei tartessi.
Antonelli è completamente impegnato ad evidenziare il fatto che le testimonianze
più antiche su Tartesso sembrano non far riferimento ad una città e
trascura un'altro aspetto, di non minor rilievo: fra i 6 elementi
elencati, 4 sono relativi ad ambiente costiero o marino (stretto,
rive, golfo, isola), 1 all'interno (monte),
1 è generico (confine).
A questi si aggiunge il fiume, di cui parlano
anche tante altre fonti antiche, che pare essere l'elemento maggiormente
caratterizzante quel territorio .... un territorio, lo ripetiamo, di
cui si conoscono soprattutto gli ambiti costieri !
Nell'Ora maritima così è descritto
tale fiume :
figura tratta da aytoalmonte.es
|
Ecco
come viene adattata la configurazione geografica dell'antico basso
Guadalquivir perché sia in qualche modo rispondente alla descrizione
riportata da Avieno nell'Ora maritima.
Polibio,
nel secondo secolo a. C., affermava che dalla foce dell'Arno a
quella del Rodano, si navigava per cinque giorni continui lungo
il paese abitato dai Liguri, da cui tutto quel tratto di mare
si chiamava ligustico
|
figura tratta da
losalcores.net |
"Dopo aver attraversato il lago Ligustino,
il fiume Tartesso, nel punto in cui getta le sue acque in quelle del
mare aperto, abbraccia da ogni parte un'isola. Esso non scorre in un
alveo semplice, non è unico il letto con cui solca la terra: tre sono
i bracci che spinge nei campi ..."(3)
La successione è la seguente :
- il lago Ligustino (sconosciuto dagli
antichi in terra Andalusa; vedi
fig.)
- un'isola circondata dal fiume in prossimità
della foce (mai registrata da alcun viaggiatore dell'antichità)
- il mare aperto.
Gli elementi
individuati sono tutti prossimi alla costa.
Strabone così parla dell'area dell'attuale
Guadalquivir in Geografia III,2.11 : "Sembra che gli antichi chiamassero
il Betis Tartesso, e Gadeira, con tutte le isole vicine, Erytheia. Per
questo si suppone che Stesicoro cantasse così a proposito del
bovaro di Gerione, dicendo che era nato "più o meno di fronte all'inclita
Erytheia presso le sorgenti eterne del fiume Tartesso, che hanno radici
d'argento nel cavo di una roccia". Poiché il
fiume ha due sorgenti, si dice che anticamente, nella terra
di mezzo, esistesse una città che si chiamava,
come il fiume, Tartesso, mentre la regione si chiamava Tartesside,
occupata al giorno d'oggi dai Turduli. Invece Eratostene dice
che la regione contigua a Calpe si chiamava Tartesside e che Erytheia
si chiamava isola fortunata. A lui però si oppone Artemidoro,
dicendo che tale affermazione è falsa [...]".
Della testimonianza di Stesicoro vogliamo sottolineare il fatto che
la sua isola Erytheia si troverebbe di fronte
alle sorgenti del fiume Tartesso; è come dire che l'isola è vicina
alle sorgenti del fiume: ancora una volta si parla di un fiume nei pressi
di un ambiente prettamente marino !
In Pseudo Scimno abbiamo un'altra
importante testimonianza :
"Anch'egli conosce l'esistenza di un fiume
che trasporta metallo prezioso a Tartesso. In questo caso tuttavia
il corso d'acqua proviene genericamente dalla
Celtica, e non da un monte dell'argento, e trascina soltanto
schegge di stagno, oltre a oro e rame"(4)
La Celtica è la regione Europea a nord dei Pirenei ! Nessun fiume discende
da quelle regioni verso il sud-ovest della Spagna !
Infine :
"Un passo di Aristotele afferma che dalla
catena dei Pirenei scenderebbero a valle, su versanti opposti, tanto
l'Istro (l'attuale Danubio), quanto il Tartesso."(5)
Gravi indecisioni e incertezze sono espresse
da tutti coloro che, dovendo fare i conti con tali testimonianze, continuano
a cercare la città in Andalusia : il fiume
Tartesso per tutti era il Betis
(l'odierno Guadalquivir); qualcuno propone l'Anas
(od. Guadiana), per la sua maggiore vicinanza con le regioni minerarie
più importanti di quell'area.
Entrambi i fiumi :
- non avevano sorgenti in territorio celtico
- non formavano dei laghi lungo il percorso
con delle isole all'interno
- non avevano, di fronte alla sorgente,
una qualunque isola Eritheia
- non avevano un letto che si suddivideva
in più rami
- le loro acque non potevano trasportare
indistintamente stagno, argento, oro, rame...
Perché poi qualcuno avrebbe dovuto ritenere
importante riferire l'esistenza di due sorgenti
a proposito del fiume Tartesso ?
Tutte le altre informazioni sono rilevanti
da un punto di vista geografico, quest'ultima sembra quasi stupida :
o si vuole intendere che il fiume aveva due affluenti principali (notizia
che presupporrebbe una dettagliata conoscenza anche dell'entroterra,
la qual cosa non può esser vera, data la scarsa conoscenza del più noto
ambito costiero!) oppure si tratterebbe della solita notizia priva di
fondamento riportata per esaltare il mito ! Non ha però tali caratteristiche,
non è una notizia sensazionale !
E' possibile che tale notizia abbia invece una precisa corrispondenza
geografica, e lo vedremo meglio più avanti.
Gli studiosi delle origini etniche dei
popoli di una certa regione si affidano normalmente alla toponomastica.
Fra tutti, i nomi che hanno maggiore persistenza sono proprio quelli
dei fiumi.
Entrambi i nomi antichi dei due fiumi iberici, l'Anas
e il Betis, sono di origine indigena :
perché il nome originario di uno di essi (Tartesso) sarebbe scomparso
?
Il fiume Tartesso di cui non parla invece il
vecchio testamento, sembra generare qualche complicazione
anche in chi vuole la corrispondenza Tartesso=Tharros, in Sardegna :
non esiste un fiume le cui rive vadano a lambirne le mura e non è mai
esistito.
Restano valide però le osservazioni di L.Antonelli e di tutti
gli altri studiosi i quali ritengono che nelle attestazioni più antiche
del nome, Tartesso facesse riferimento ad un territorio più che ad una
città.
Nell'area del golfo Tartessico sardo (l'attuale golfo di Oristano,(6)),
sfocia il fiume più importante dell'isola, il Tirso, il Thyrsos degli
autori classici (che ci ricorda o meglio coincide nella successione
consonantica con la Tharshish biblica) che ha le sue sorgenti nel Gennargentu.
La complicazione è dovuta all'assenza di giacimenti di stagno
in terra sarda o per lo meno nelle regioni attraversate dal Tirso. Come
poteva quindi tale fiume trasportare il nobile
metallo fin dentro le mura della città ?
Riteniamo di poter proporre per tale problema
una soluzione, originale, rivoluzionaria, ma quasi ovvia se trasliamo
il mito in questione dall'attuale Atlantico al Mediterraneo occidentale.
Tale problema è strettamente legato ad un altro degli enigmi riproposti
da S. Frau e ai quali lo stesso autore ha dato una risposta:
le Cassiteridi. Si tratta delle
mitiche isole dello stagno (cassiteros
= stagno) ricordate da molti autori classici e localizzate abitualmente
al di là delle Colonne d'Ercole, in pieno Atlantico.
Alcuni le tramandano come isole dal quale proveniva lo stagno (coinciderebbero
con la Britannia), altri come le isole attraverso le quali veniva trasportato
via mare lo stagno estratto dalla Britannia! Con quest'ultimo significato
le Cassiteridi non erano altro che dei ponti,
delle tappe obbligate lungo il trasporto via mare di stagno e argento
nordico.
I geografi greci, nelle loro descrizioni
delle terre e dei mari conosciuti, ci hanno tramandato alcune informazioni
talmente discordanti dalla realtà che ancora oggi suscitano dibattiti
e differenti interpretazioni. Si tratta di alcuni errori(7)
tanto macroscopici che sono diventati emblematici :
- si riteneva ad es. che l'Oceano
fosse un grosso fiume le cui correnti scorrevano attorno a tutta la
terra: così a più riprese è detto nell'Iliade, nell'Odissea
e nella Teogonia di Esiodo
- il controverso lago
Tritonide della Libya ad esempio, controverso proprio per l'attributo
"lago" tramandato dai greci, coincide con l'attuale piccola Sirte
..... mare quindi e non lago
- la palude (o lago)
Meotide, l'attuale mar d'Azov, è un'ulteriore esempio
- rientra nell'elenco anche il lago
Ligustino di Avieno, sicuramente coincidente col mar Ligure
I naviganti sapevano perfettamente di volta
in volta in quali "acque" si trovavano : le acque
poco profonde e calme del mare Tritonio furono interpretate dai
fruitori della notizia come acque lacustri; le correnti
dell'Oceano, divennero le acque del fiume Oceano.
I mercanti greci, di fronte alla distesa
del mare che circondava le coste occidentali sicule, potevano scegliere
fra tre direzioni possibili :
- l'attraversamento del canale di Sicilia
verso il Promontorio Ermeo, l'attuale capo Bon tunisino, visibile
dal promontorio Lilibeo
- la navigazione "a vista" verso nord-est(8),
lungo la costa siciliana
- la navigazione verso ovest/nord-ovest,
verso l'ignoto !
I naviganti che sapevano di quell'isola
in mezzo al mare occidentale, sapevano anche che per arrivarci, bisognava
prendere la giusta corrente, aspettare
quei venti di levante che come un dio avrebbero spinto le navi direttamente
a Tartesso. Quella corrente per i naviganti era come uno stretto sentiero
: sbagliare direzione era estremamente rischioso !
"La corrente del Tartesso ti trasporta fino all'isola, dove si divide
in due rami che la circondano, e nell'isola c'è la città di Tartesso"
.... forse è proprio così che i primi naviganti descrivevano la traversata
e quella corrente divenne, nella penna degli antichi geografi, così
come per l'Oceano, quella di un fiume, il fiume
Tartesso.
Quel fiume, con partenza da Tartesso, seguiva due distinte rotte, una
verso nord, verso le coste Celtiche, una verso sud, verso la Libya o
la Sicilia.
Cambiando riferimenti quel fiume era
la corrente, dotata di partenza e arrivo, e quindi di
due distinte sorgenti, sulle opposte coste
continentali.
|
Le
rotte del Mediterraneo.
Tratto da F.Russo, La difesa costiera
del Regno di Sardegna dal XVI al XIX secolo, Roma 1992, p.21.
E' ben evidenziato il ruolo fondamentale dell'arcipelago
sardo-corso nel Mediterraneo occidentale per le rotte nord-sud.
|
Tartesso era il
braccio di mare che metteva in comunicazione le coste dell'attuale
Provenza con le coste nord Africane da una parte e le coste della Magna
Grecia dall'altra attraverso la catena di isole Sardo-Corsa.
Il fiume Tartesso
i cui flutti trasportavano il minerale fin dentro le mura della città
coinciderebbe allora con quella via dello stagno
non meglio specificata che aveva alcune tappe intermedie nelle Cassiteridi;
Quella via di cui parlo è stata da tempo
riconosciuta come importante rotta dei commerci entro il Mediterraneo
occidentale :
Lo stagno proveniente dalla Britannia o dall'attuale centro Europa raggiungeva
in vario modo quel tratto di costa e da lì veniva messo a disposizione
dei mercanti che battevano le vie di collegamento con i principali centri
di smistamento verso le ricche popolazioni dell'oriente. Abbiamo a tal
proposito una singolare testimonianza da parte di Strabone nella
Geografia, Libro III,2.9, dove,
descrivendo le ricchezze minerarie dell'Iberia, e in particolare della
Turdetania, dice : "lo stagno, secondo Posidonio, non si trova in
superficie, come ripetono gli storici, e viene perciò estratto nelle
miniere; si produce tra i barbari che abitano
oltre i Lusitani e nelle isole Cassiteridi; viene anche portato fino
a Massalia dalle isole della Britannia".
Oltre allo stagno abbiamo documentati i traffici dall'area Baltica a
tutto il mondo occidentale di allora di un'altra preziosissima sostanza
: l'ambra. Una delle vie commerciali più battute era quella che
attraverso l'Europa centrale giungeva fino al Rodano e da lì a sud verso
le coste mediterranee: abbiamo visto in precedenza come Erodoto sapesse
di un unico mercato per lo stagno e l'ambra provenienti dall'occidente.
Sulle Cassiteridi poi, oltre alla felice
intuizione di S.Frau che nella Molibodes
nesos, l'isola del piombo di
Tolomeo, l'antica isola di S.Antioco, vede una delle isole
dello stagno(9),
ricordiamo quanto abbiamo già detto prima e cioé di come quelle isole
fossero intese quali ponti, lungo la rotta
commerciale dei metalli in occidente.
Riportiamo la testimonianza del Pais (fine XIX sec.) : "Presso
alla punta più a nord ovest della Sardegna giace una curva isoletta
[...] che anticamente era detta Herculis insula. Se si pon mente
alla sua posizione, se si considera che i suoi
due buoni approdi servono di rifugio anche oggi alle navi che vengono
dalle coste della Francia, si troverà alquanto probabile che
ivi fosse un'antica stazione marittima fenicia [...]"(10)
L'Isola in questione è quella dell'Asinara, notissima sin dall'antichità
proprio per la sua posizione lungo le rotte nord-sud e viceversa. Quest'isola,
insieme a quella di Mal di Ventre, insieme alle isole di S. Pietro e
S.Antioco poteva costituire l'insieme delle Cassiteridi : in questo
contesto Tharros aveva una posizione fenomenale, di importanza strategica
primaria !
Dovremmo
a questo punto trovare testimonianze dell'esistenza della "rotta" a
prescindere dai traffici greci o fenici.
Dovremmo, ad esempio, trovare la prova di scali commerciali Tartessi
(Sardi) nell'attuale Francia meridionale risalenti al periodo precedente
lo sviluppo delle colonie elleniche.
Ecateo di Mileto, il geografo del VI-V sec. a.C. nella sua Periegesi,
opera geografica della quale ci sono pervenuti solo pochi frammenti,
ricorda, nei pressi di Massalia, la città celtica
Nyrax. Il genitivo aveva la forma Nyracos, radice
Nyrac-, che si legge praticamente Nurac,
con la "u" alla francese ! Ecateo la segnala come città
celtica ma ciò non costituisce una particolare difficoltà per
associarla ai vari Nura, Nurra,
Nora, Norace
presenti in Sardegna(11).
Quella città era sicuramente uno degli empori tartessici in terra Celtica,
una delle stazioni navali da cui le merci provenienti dall'Europa centrale
prendevano il mare verso l'Isola e da lì verso i ricchi mercati orientali.
Un'altra sbalorditiva testimonianza è presente
nell'Ora Maritima di Avieno. Là dove descrive la costa
Mediterranea a oriente rispetto ai Pirenei dice :
"[...] Tutti questi luoghi si trovano nelle vicinanze dei flutti
e delle correnti marine. Il territorio nell'interno, invece, era un
tempo completamente in possesso dei selvaggi Cereti ed Ausocereti: oggi
costoro appartengono entrambi alla gente degli Iberi [ulteriore
conferma della presenza di Iberi al di qua dei Pirenei n.d.a.].
Il popolo dei Sordi, infine, abitava in contrade sperdute, fra tane
d'animali(12),
in un paese che, dalle boscose vette dei Pirenei, si estendeva fino
al mare interno : essi avevano ampio potere sulla
terra e sulle acque. Ai confini del territorio
dei Sordi, sul limitare dei Pirenei, si dice che un tempo sorgesse
una ricca città, dove spesso gli abitanti di Massalia venivano a scambiare
le loro merci. [...] Dopo la catena dei Pirenei si aprono le
spiagge del litorale Cinetico, che il fiume Roscino solca per
un bel tratto. Questa regione è territorio dei Sordiceni, come
ho detto"(13).
|
Il
"fiume" Tartesso in base ai risultati del presente studio.
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Antonelli non dice nulla su questi
Sordi che avevano potere sulla
terra e sulle acque nei pressi dei Pirenei.
Lo stesso popolo è ricordato anche da Plinio col nome di Sordoni. I
due nomi, Sordi e Sordoni, a meno della prima vocale, ricalcano i due
nomi con cui gli autori classici facevano riferimento alle genti e alle
cose dell'isola : Sardi e Sardoni.
Non crediamo si tratti di un'altra fantasia o di un'altro strafalcione
interpretativo avieneo : l'autore latino tramanda un'informazione attendibile,
sufficientemente antica, sulla presenza di Sardi nel continente europeo,
fatto comprovato dalla contemporanea citazione in quei pressi di un
litorale Cinetico (del legame fra i Cineti e la Sardegna parleremo più
in là).
Mario
Cabriolu
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